di Stefano Miliani

Prima del porno, prima dello sconvolgimento ormonale provocato nel secolo scorso da Playboy, l’erotismo in forma di immagini aveva la sua fetta di estimatori pure nel Medioevo e nel Rinascimento. Se in pieno ‘500 un vertice lo incarna la sensualissima Venere del Tiziano agli Uffizi con quella mano maliziosa sul pube, l’anno scorso la denuncia di un restauro malaccorto – denuncia apparsa subito infondata – portò sui mass media uno “scandaloso” albero medioevale affrescato a Massa Marittima da cui pendono falli che gentili dame colgono come fossero frutti appetitosi. Ma l’erotismo esplicito nell’arte antica non è forse così raro come siamo propensi a credere. Lo segnala Mario Scalini: soprintendente ai beni artistici e storici di Siena e Grosseto dopo aver guidato Modena, è uno storico dell’arte dai molti e originali interessi, curioso delle persone come delle cose dell’arte, studioso di armi antiche come del Cellini. Per competenza si è occupato dell’albero dei peni della cittadina toscana e allora prende la palla al balzo per dire con gusto provocatorio al di là dei moralismi: “La rivista Playboy ha predecessori nella Firenze del ‘400”.

 

 IL SESSO NEL ‘400

Le languide e sexy fanciulle per famelici sguardi per lo più maschili della rivista, osserva, hanno precedenti antichi di cui poco si è parlato. “Sono fiorentine e risalgono al ‘400 alcune delle prime stampe erotiche, ‘tirate’ prima del Savonarola e dei suoi roghi della vanità alla fine del XV secolo. Probabilmente c’erano cose più antiche, ma dal rogo savonaroliano si sono salvati pochi intagli su lastra d’argento di Baccio Bardini e della sua scuola”. Il tema era il sesso, pur se in una veste colta. “Alcune sono citazioni erotiche erudite, mostrano riferimenti all’antico. Per esempio – indica Scalini – una lastra alla National Gallery di Washington ritrae un fallo leonino con le ali, una coppia di amanti che copulano in posizione da Kamasutra e nel cartiglio la scritta “Pur inegal tien duro”. Altre immagini – racconta – raffigurano fatti di costume. Come esempio cita i “becchi” (tradotto dal fiorentino, i cornuti) con iscrizioni tipo “ti segherò le corna”. “Quelle immagini ebbero notevole fortuna. Nel ‘600 Baccio del Bianco esegue un ciclo di storie di becchi, con disegni esposti di recente a una mostra ad Ajaccio. Questo dimostra che certe immagini erotiche hanno continuato a circolare, non solo a Firenze, anche dopo il Savonarola e dopo la Controriforma”. Controriforma che – come si sa – condanna i liberi costumi sessuali che il clero non disdegnava affatto, dietro le apparenze.

 

LUI VESTITO, LEI NUDA

”Uno dei più fortunati allievi di Dürer, Hans Baldung detto il Grigio, cattolico che lavorava a Norimberga, tra il ‘400 e il ‘500 regalava ai canonici suoi committenti disegni erotici di streghe”, puntualizza lo studioso gettando lampi d’eros nel nord in epoca luterana. “La maggior parte delle incisioni sopravvissute si trova al British Museum. Sono dette nielli, per analogia con le lastre d’argento “stuccate” a caldo con un impasto a base di piombo, zolfo e argento. Fra i nielli figurano segni zodiacali, storie religiose e grandi dischi nuziali destinati ai coperchi delle scatole da cialde di 20 centimetri di diametro con l’immagine degli scudi delle famiglie che si imparentavano. Uno di questi nielli, in collezione privata, con il motto “Amore vuol fe e dove fe nonné amor non vo” sfoggia un’immagine di amore mercenario a sinistra, di amore familiare con l’uomo vestito e la donna nuda in una tinozza a destra, l’allegoria dell’inseguimento dell’amata presentata come cerva o coniglio bianco nella sommità”. Molto di questo repertorio è finito in cenere. “Non sappiamo quante di queste incisioni e altre immaginabili, anche più esplicite, distrussero i roghi del Savonarola. Erano figurazioni economiche e dovevano essere il contraltare dei volantini con le prediche del frate. Erano incisioni ‘povere’, infatti soggetti analoghi imperversarono nella Germania controriformata, stampate a Norimberga in formati tascabili”.

 

ANTICHE CERAMICHE CON IMMAGINI OSE’

Come le riviste tipo Playboy prima, e internet ora, squadernano foto erotiche a buon mercato per le masse, “nel ‘400 fiorentino c’era la ceramica, relativamente economica e popolare. Esistono un piatti con satiri, ninfe scollacciate, perfino un volto arcimboldesco fatto di peni accompagnato da un cartiglio che recita io sono una testa di cazzo.” “ Immaginarsi la faccia di chi scopriva l’immagine a fondo scodella manginado è un programma, una finezza oggi impensabile”. Com’è logico c’è un abisso tra la percezione dell’erotismo di quel tempo e i nostri anni dove una soubrette tipo Belen può svelare un tatuaggio inguinale in diretta tv Rai. Eppure… “Le scatole per le cialde da matrimonio con soggetti osé non erano viste come sconvenienti. Nei rutilanti cassoni quattrocenteschi da matrimonio, come quelli di Apollonio di Giovanni o dello Scheggia, fratello del Masaccio, o a Siena di Neroccio o di Francesco di Giorgio, spesso si trova un lui vestito e lei che giace nuda come saranno le Veneri del ‘500. Forse si voleva insegnare alla neo-sposa a non sentirsi a disagio una volta spogliata”.

 

Tra l’altro – rivela ancora Scalini – nei libri di disegni del tardo ‘400 fiorentino “si vedono già nudi femminili ben proporzionati, non adattati da quelli maschili”. La qual cosa fa presupporre che fossero disegnati dal vero (e valga ricordare Leonardo che sezionava cadaveri). “Il Castello Orsini a Bracciano e nel Palazzo Orsini a Pitigliano ha stanze con storie di donne a sfondo erotico in senso lato, con scene di bagno collettivo femminile. Così quello che è forse uno dei primi nudi credibili, la Venere Pudica scolpita da Giovanni Pisano nel basamento del pulpito del Duomo di Pisa, è molto carnale anche se deriva dalla Cnidia scolpita da Prassitele”. Esiste dunque un universo poco esplorato eppure intrigante? “Sì, potendo, sarebbe il caso di fare un vero studio storico approfondito”, esorta lo storico dell’arte. Speriamo che qualcuno raccolga l’esortazione.

Da “L’Unità” del 26/5/12