Il territorio di Giano dell’Umbria e i Monti Martani

L’area gravitava sul ramo occidentale della via Flaminia, che da Narni raggiungeva Carsulae, si dirigeva verso Vicus ad Martis (Massa Martana) e agli insediamenti alle pendici dei Monti Martani fino a raggiungere Mevania (Bevagna) e infine Forum Flaminii (San Giovanni Profiamma verso Foligno), dove si ricongiungeva con l’altro ramo della Flaminia che passava per Terni e Spoleto.
Intorno al VI secolo il tracciato occidentale della Flaminia perse di importanza a favore di quello orientale, ma non dal punto di vista religioso. Fu infatti il principale veicolo dell’influenza economico-patrimoniale ma anche religioso-culturale dell’Abbazia di Santa Maria di Farfa, nonché la strada che, posta nella zona di frontiera dove più intensi dovettero essere gli scontri tra Romani e Longobardi, facilitò l’incontro di tradizioni culturali e religiose diverse tra di loro. E’ comunque certo che l’abbazia sabina qui vantava estesi diritti patrimoniali, tanto che gli agiografi farfensi elessero Vicus ad Martis a civitas, ovvero a città episcopale, evangelizzata da San Brizio e guidata da San Felice.

L’abbazia

Le origini dell’abbazia sono tuttora oggetto di ricerca. E’ comunque certo che nell’edificazione della chiesa, del XII sec., vennero ampiamente utilizzati materiali di spoglio di un primitivo oratorio
Databile intorno al 950. Nel 1373 papa Gregorio IX sottopose San Felice all’abbazia di Santa Croce di Sassovivo, di cui seguì le sorti fino alla decadenza del XV secolo.
Nel 1450 papa Niccolò V, deciso a riattivare le funzioni religiose da tempo sospese a causa della fatiscenza della chiesa, allontanò i monaci e soppresse l’abbazia, affidando la cura del complesso agli Eremitani di Sant’Agostino. Nel 1496 gli Agostiniani presero formale possesso di San Felice.
Il XVI sec. fu costellato da liti in seno all’ordine e da contese circa i vasti possedimenti dell’Abbazia, ed in questo stesso periodo che la struttura conobbe notevoli cambiamenti con interventi destinati a modificare in modo sostanziale l’originale aspetto del complesso: il chiostro, la sopraelevazione delle navate laterali della chiesa – che venne anche dotata della loggetta semicircolare al disopra della navata centrale e di una nuova facciata – l’innalzamento della torre campanaria e la costruzione del refettorio.
Fonti locali riportano che alla fine del Cinquecento nell’abbazia vivevano 28 frati e 14 novizi.
Le accuse di immoralità e di evasione fiscale di cui gli Agostiniani si macchiarono offrirono il fianco al loro allontanamento, avvenuto nel 1798 in seguito a continui contrasti, soprattutto con il comune di Giano. Il patrimonio dell’abbazia fu confiscato e il cenobio spogliato di ogni bene mobile. Il tutto venne devoluto al Comune di Spoleto.
Dal i815 il convento fu la culla della Congregazione del Preziosissimo Sangue, i cui sacerdoti sono tuttora a capo di San Felice.

L’architettura

Collocata su una terrazza naturale alle pendici dei Monti Martani, a pochi chilometri da Giano dell’Umbria, l’imponente complesso abbaziale di San Felice nacque per ospitare le spoglie del santo sul luogo di una primitiva chiesa paleocristiana nella quale vennero reimpiegati reperti romani appartenenti alla scomparsa “Città Martana”.
Il suo aspetto è caratterizzato da massicci edifici disposti ai lati della chiesa abbaziale.
La chiesa, (1130 circa) è tipica espressione del romanico spoletino. Lo schema architettonico segue fedelmente il prototipo di San Gregorio Maggiore di Spoleto ( 1079-1146) e si accomuna ad una serie di chiese sparse nella vallata da Spoleto, fino a Bevagna e Trevi: San Brizio, San Pietro di Bovara, San Silvestro di Bevagna.

Queste chiese hanno caratteri stilistici e costruttivi comuni, qui semplificati nella copertura a botte, non perfettamente circolare ma ovoide e affiancata dalle volte a mezzabotte rampanti sulle navate laterali; presbiterio isolato dal resto della chiesa tramite l’innalzamento dell’altare attraverso un’alta scalinata e tramite la cesura realizzata dall’arco trionfale posto al termine della scala stessa, sormontato da una bifora. Altro dato comune è l’alta elevazione della navata centrale rispetto alla larghezza della stessa, fatto che ne amplifica ulteriormente la verticalizzazione.
L’altezza del presbiterio è stata invece determinata dal fatto che sotto la zona absidale si trova la cripta della fine del XI secolo, divisa in tre navate, alla quale si accede da due scalette laterali; possiede un piano di calpestio non molto ribassato rispetto a quello della chiesa. L’orientamento è con ingresso a est e altare ad ovest secondo lo schema romanico.
Sostanzialmente il grande complesso abbaziale è composto da tre parti distinte: la benedettina, l’agostiniana e un’appendice agricola. La prima, più antica a forma “U”, è affiancata alla parete meridionale della chiesa ed è stata molto rimaneggiata dagli Agostiniani per cui non è possibile ricavarne l’originario assetto. La seconda, eretta dagli Agostiniani, corrisponde al settore addossato alla parete nord della chiesa che comprende anche la torre campanaria, l’ala nord, l’ala sud, il refettorio e il chiostro con i due loggiati sovrapposti. La terza è una lunga e bassa costruzione voluta dal Comune di Spoleto per usi agricoli.

 

Abbazia di San Felice
Missionari del Preziosissimo Sangue
Via dell’Abbazia 1
06030 Giano dell’Umbria (Perugia)
Tel. 0742 – 90103

Come si raggiunge:
Con l’autostrada A1 si esce al casello di Orvieto.
Si prosegue con la statale n. 448 fino a Todi.
Poi verso est con la provinciale fino a Bastardo e di qui a Giano dell’Umbria (60 km).
In treno si scende alla stazione di Foligno, oppure a quella di Spoleto e si continua con un autobus di linea (più corse al giorno).