IL MIRACOLO DI SAN FRANCESCO

Consacrata il 24 maggio 1253, è visitata ogni anno da circa cinque milioni di persone. Credenti e non credenti, turisti e pellegrini: tutti ripartono con un seme di pace nel cuore.

«Ho visto una grande quantità di uomini venire da noi… Risuona ancora nelle mie orecchie il rumore del loro andare e venire. Ho visto le strade affollate da loro, provenienti da quasi tutte le nazioni: accorrono francesi, spagnoli, tedeschi, inglesi. Sopraggiunge la folla di altre lingue». 

San Francesco, ci riferisce Tommaso da Celano, raccontò questa visione a un gruppetto di suoi frati. Oggi visitano la Basilica di Assisi circa cinque milioni di persone all’anno, ed è difficile distinguere tra i turisti e i pellegrini, tra i credenti e i non credenti.«Anche il pellegrino più incolto esce catturato dalla bellezza del luogo, mentre l’ateo che viene per ammirare le meravigliose opere di Giotto e di Cimabue intuisce che qui c’è qualcosa di più», spiega padre Vincenzo Coli, custode del Sacro Convento, «si accorge che c’è un clima particolare che non è merito nostro, è una grazia: noi facciamo già tanto se non lo sciupiamo».

 

La Basilica di San Francesco compie 750 anni. Fu consacrata da Innocenzo IV il 24 maggio del 1253, sul “Golgota” di Assisi, il colle dell’Inferno dove si eseguivano le condanne a morte, che Francesco stesso aveva scelto per la sua sepoltura, trasformando l’asperità del luogo nella “collina del Paradiso”.

Francesco voleva essere sepolto nella nuda terra, senza lusso né orpelli, ma per fortuna i suoi confratelli non gli diedero ascolto e, subito dopo la sua morte, misero mano a questa meraviglia capace ancora oggi di parlare al cuore del mondo. Una Basilica sepolcrale per custodire la tomba del santo.Due chiese in una, in romanico gotico francescano, anzi tre: la cripta, la Basilica Inferiore, dedicata alla preghiera e al raccoglimento, e la Basilica Superiore, tutta luce e vetrate, per le grandi celebrazioni. Qualcuno ci vede rispecchiato il modello trinitario, qualcuno il mistero della passione e risurrezione, pietra rossa per la Basilica di sotto, pietra bianca per la chiesa di sopra.

 I segni sono infiniti. Si può entrare mille volte in questo luogo e ogni volta scoprire qualcosa di nuovo.Quel 24 maggio di 750 anni fa segnò una svolta. Erano passati appena trent’anni dalla morte di Francesco e la Basilica si presentava per buona parte come la vediamo adesso. Quasi un miracolo. A dispetto dei “fraticelli” più rigoristi, erano state impiegate risorse finanziarie straordinarie, come voleva il Papa e come era desiderio di frate Elia, promosso a ministro generale dell’Ordine.

 
Una vera città santa

Ma la consapevolezza che il “poverello” di Assisi, coi segni della croce nel suo stesso corpo, aveva segnato per tutto l’Occidente una svolta epocale, aveva suscitato una fiammata d’entusiasmo senza precedenti, muovendo energie e talenti da tutte le parti d’Europa.

 «Una specie di grande crogiuolo da cui poi è nata la nuova lingua figurativa dell’Occidente», spiega lo storico dell’arte Antonio Paolucci, che fu commissario straordinario per la Basilica quando il terremoto del ’97 mise in gioco la sua stessa sopravvivenza.Allora il mondo tremò, durante le lunghe settimane in cui architetti e ingegneri lavorarono per la messa in sicurezza della chiesa.

 «Ricevevo telefonate da tutte le parti del globo», ricorda Paolucci, «mi avvicinavano persone comuni, turisti tedeschi e giapponesi. Erano tutti in grande apprensione, una cosa inconcepibile per qualunque altra chiesa o museo al mondo. La Basilica non è solo una chiesa: è una vera città santa. E dietro la rivoluzione operata da Giotto e Cimabue e dagli altri grandi artisti che vi lavorarono nella seconda ondata, tra il 1270 e la fine del secolo, c’è la grande rivoluzione francescana, una rivoluzione spirituale e religiosa che incendiò il mondo. Un esempio per tutti: per la prima volta, dopo la tradizione bizantina del Cristo trionfante, viene messo sulla croce un uomo vero. E quel cantiere straordinario che fu Assisi agì in Europa come una rosa dei venti. Di qui parte la grande storia pittorica italiana».San Francesco è in assoluto il santo più conosciuto e più amato in tutto il mondo. La sua popolarità è senza confini. È un santo moderno. Parlava con i lupi e con gli uccelli, abbracciava come fratelli gli emarginati e i lebbrosi.
È un santo pacifista. Mentre cristiani e musulmani si scannavano, lui prende una nave e va dal gran sultano, per dialogare sul Vangelo. Ce lo racconta lo stesso Giotto, nel ciclo di affreschi dedicato alle splendide Storie di san Francesco della Basilica Superiore.«È stato un comunicatore straordinario, proprio perché entrava in dialogo con tutti, senza escludere nessuno», spiega padre Enzo Fortunato, portavoce della Basilica.I francescani conventuali del Sacro Convento vivono l’evento del prossimo maggio come una grande festa dedicata al tema della comunicazione. Ci saranno una giornata dedicata al dialogo, un premio internazionale per la pace, un concerto di ringraziamento con Uto Ughi, la messa del 23 celebrata dal cardinale Giovanni Battista Re, trasmessa da Raiuno, e poi, il 24, la celebrazione liturgica conclusiva e il concerto di Angelo Branduardi, che ha voluto interpretare nelle sue ballate il messaggio del Cantico delle creature.

Al tema della comunicazione è stata dedicata anche la nuova sala stampa del Sacro Convento, con due cabine per la traduzione simultanea e megaschermo satellitare.«Era un’esigenza: riceviamo migliaia di giornalisti da tutto il mondo, c’è una grande sete di spiritualità che abbiamo il dovere di soddisfare. Naturalmente non vogliamo essere strumentalizzati, ma nemmeno mostrare diffidenza nei confronti dei nuova media, che sono mezzi di comunicazione straordinari».
 
Ci sono tre appuntamenti con la televisione. Il Concerto di Natale, ormai consolidato, e altri due che i frati sperano diventino fissi: Nel nome del cuore, a maggio, e il concerto di settembre dedicato al rapporto dell’uomo con la natura. Dio, uomo, creazione: i tre pilastri della spiritualità francescana che si fanno evento televisivo.Del resto, i francescani del Sacro Convento non nascondono il loro rapporto privilegiato con Maurizio Costanzo. «Stiamo cercando di convertirlo, non ce ne vergogniamo», continua padre Fortunato; «e comunque ci sentiamo liberi perché crediamo che san Francesco avrebbe fatto la stessa scelta che abbiamo fatto noi. Il francescano è estroverso per natura, dialoga con tutti, rimanendo fedele ai suoi valori».

 
La grande preghiera per la pace

È lo “spirito di Assisi”, quello spirito di preghiera e insieme di dialogo che è stato presente in questo luogo fin dalle origini, quando nel cantiere più grande d’Europa si sono dati appuntamento maestranze inglesi e francesi, pittori italiani e maestri vetrai alsaziani. E poi si sono passati il testimone artisti come Cimabue e Giotto, Simone Martini e Pietro Lorenzetti, per lavorare insieme.«Lo spirito di Assisi ha sempre agito in modo sotterraneo, fino a quando è esploso nell’incontro del 27 ottobre del 1986, la grande giornata di preghiera per la pace in cui Giovanni Paolo II ha chiamato ad Assisi i rappresentanti delle grandi religioni del mondo. Questi sono stati 750 anni di dialogo e di incontri», conclude padre Enzo.
 
Sono stati 21 i Papi che, nel corso dei secoli, hanno visitato la Basilica. Giovanni Paolo II è venuto qui sei volte. Giovanni XXIII, il 4 ottobre del 1962, ha voluto affidare il Concilio Vaticano II proprio a san Francesco.Oggi il Sacro Convento ospita 45 frati, provenienti da ben 14 nazioni. Una specie di Onu. Va detto che il loro sforzo di tenere aperta al pubblico la Basilica è davvero straordinario: 11 ore di apertura d’inverno, 13 d’estate.
 
«Eppure la gente si lamenta, vorrebbe che noi non chiudessimo mai», conclude il padre custode; «ogni volta dobbiamo persuaderli: rispiegare, con pazienza, che anche noi frati abbiamo bisogno di pregare».
 

Articolo di Simonetta Pagnotti
Foto di Paolo Ferrari
FonteFamiglia Cristiana OnLine”