Angioletti alti quanto un’unghia eppure perfetti nei minimi particolari, dalle ali alle manine. E come loro tutte le figure di terracotta realizzate dal maestro Marcello Aversa, microcosmi dove in pochi centimetri è racchiusa la secolare tradizione scenica del presepe napoletano. Una passione coltivata da autodidatta (“sono un ragioniere mancato”, dice), che poco alla volta è diventata la sua principale attività. “Fin da ragazzino ho aiutato la mia famiglia nell’attività della fornace di laterizi a Maino, borgo di Sant’Agnello a Sorrento (NA). Diciottenne, ho perso mio padre e per circa 15 anni con mio zio ho lavorato nella nostra impresa. Adesso ho lasciato tutto per seguire l’arte”.

Come le è venuta l’idea di fare degli oggetti così piccoli?

Me lo domandano in molti, non so rispondere, non voglio sembrare eccessivo, ma è come se fossi guidato da qualcuno. Ho cominciato facendo delle figure normali, poi, come per una sfida le ho realizzate sempre più piccole. Per Città di Castello (dove è in corso una grande mostra di presepi) ho fatto un “Cero di Natale”, il Cero di Gubbio, 5 cm per 5 cm, con 20 personaggi ed in alto la Natività.

Quanto tempo impiega per fare un pezzo?

Dipende dall’oggetto e da come mi sento: da un giorno ad un mese, oppure un mese e mezzo”.

Forse la più grande  soddisfazione per Marcello Aversa è destare meraviglia, far rivivere lo stupore dell’infanzia che, dice, i nostri bambini stanno perdendo. “Vorrei che si ritornasse ai valori semplici: l’amicizia, i rapporti umani. I ragazzi di oggi stanno al computer invece di vedersi con un amico. Noi creavamo il gioco, ci formavamo per strada. Certo adesso nessuno sta tranquillo se i figli non sono controllati, però questa strada si può ricreare negli edifici scolastici, aprendoli alla comunità. Una sorta di piccola città dove c’è chi coltiva l’orto, chi fa i cestini, chi lavora la ceramica e dove i bambini possono appassionarsi spontaneamente ad un’attività artigianale. Vorrei che nelle scuole si insegnasse il bello, tutti dovrebbero essere in grado di capire e apprezzare l’arte. Vede, quando  parlo dell’arte mi sento una persona normale. Ma chi mi ascolta spesso mi fa sentire diverso, come se fosse una cosa strana amare il bello. Invece è molto importante”.

Rosanna Precchia (Famiglia Cristiana del 16 dicembre 2012)