Foligno rende omaggio alla sua mistica, Angela, con la mostra “Dal visibile all’indicibile crocifissi ed esperienza mistica in Angela da Foligno”, in programma dal prossimo 6 ottobre a Palazzo Trinci (si concluderà il 6 gennaio 2013).

Prosegue così l’attività del comitato nazionale per le celebrazioni del VII centenario della morte della Beata Angela da Foligno (1309-2009) che ha promosso l’edizione del volume di studi “L’Umbria nel XIII secolo” e che, tra breve, consentirà la pubblicazione dell’edizione critica del “Liber” e dell’Indice dei codici.

La particolarità della mostra è nell’esposizione delle varie immagini di Cristo crocifisso che hanno portato al percorso mistico della Beata e nella presenza dei più antichi manoscritti medievali con il testo del Liber della Beata Angela da Foligno. Coordinatori scientifici della mostra sono Bruno Toscano, Attilio Bartoli Langeli e Massimiliano Bassetti.

Il crocifisso

Nella esperienza religiosa di Angela da Foligno l’arte ha un posto molto importante. Come in altri mistici e mistiche, visioni ed estasi prendono spesso l’avvio dall’incontro con un dipinto o con una scultura, ma in Angela si sviluppano in un percorso di inconfondibile intensità. La figura che più spesso stimola la sua immaginazione, con esiti visionari impressionanti, è quella del Cristo crocifisso. “10 immagini al tempo di Angela”, scalate fra il secolo XII e gli ultimi anni del Duecento, sono state scelte perché di epoca coincidente con la sua vita o comunque, se più antiche, con la sua esperienza visiva e perché vicine alla sua sensibilità. Angela le vide o potrebbe averle viste. Nello stesso tempo, le opere in mostra offrono al pubblico una rara occasione di ammirare, composte in una succinta antologia, testimonianze fra le più alte dell’arte di epoca tardo-medievale in Umbria. Fra di esse, sette illustrano il tema del Crocifisso, una il Compianto, due la Deposizione dalla croce. Uno degli intenti che spiegano la presenza di queste, e non di altre, opere è stato quello di fare risaltare la varietà dei modi nei quali l’immagine del Cristo era proposta alla venerazione dei fedeli: varietà evidente non soltanto nei caratteri espressivi, ma anche nel tipo degli oggetti, nelle tecniche e nei materiali adoperati. Ciò equivale a dire che diversi erano, ogni volta, i destinatari e, per conseguenza, gli ambienti a cui le opere affluivano, le collocazioni nei luoghi sacri e infine i modi di fruizione. Dipinta su croci portatili, adatte anche all’uso processionale, o su croci di più grande formato, poggiate su altari o innalzate su travi, miniata o fusa, in bronzo o in rame dorato, scolpita nel legno, isolata o in gruppi di statue, l’immagine-cardine della Passione era al tempo di Angela onnipresente, nelle chiese, nei luoghi di orazione dei monasteri e dei conventi, nelle sedi delle confraternite, nelle abitazioni, creata per essere percepita in più modi: distante ma dominante, o di agevole lettura, o anche così vicina da suscitare gesti di devota intimità.

 

 

I codici

La mostra “Dal visibile all’indicibile” offre la preziosa occasione di vedere, per la prima volta l’uno accanto all’altro, i più antichi manoscritti medievali (risalenti al secolo dal principio del Trecento al primo del Quattrocento) che trasmettono il testo del Liber della beata Angela da Foligno. Malgrado la loro apparenza modesta e ordinaria (per quanto si possa considerare ordinario un oggetto di per sé unico come ogni manoscritto medievale), sono questi manufatti a recitare la parte dell’ ‘indicibile’ evocato dal titolo della mostra. I codici esposti, infatti, per quanto dimessi e poco sontuosi, ebbero la cruciale funzione di divulgare il racconto, redatto dal francescano “frater A.”, dell’esperienza mistica vissuta da Angela. Non si deve commettere l’errore di sottovalutare la funzione strumentale che riposa nell’aspetto dimesso di questi “testimoni”. Essi, infatti, vissero, almeno per i primi cinquant’anni del Trecento, una vita clandestina, segnata da censure e occulti passaggi di mano. Fu, dunque, grazie all’aspetto dimesso che questi manoscritti riuscirono eroicamente a trasmettere la storia, narrata in presa diretta, di una donna che vede e incontra e si inoltra in Dio anche durante il papato di quel Giovanni XXII (al secolo Jacques de Cahors) che aveva voluto affermare che nemmeno i beati nella schiera celeste potessero godere della beatifica visione di Dio (e dunque guardarlo direttamente), se non nel giorno del giudizio universale. Grazie all’inestimabile valore delle loro forme poco appariscenti, insomma, i manoscritti che sono esposti in mostra hanno potuto testimoniare sino a noi e ai nostri giorni, con le loro parole, una storia davvero indicibile.