Unico lavoro giunto fino a noi di Prete Ilario da Viterbo (documentato tra il 1375 e il 1418), la grande ancona della Porziuncola viene commissionata al pittore dal guardiano del convento Fr. Francesco da Sangemini nel 1393, in tempo di guerra e carestia, ed è pagata grazie ai proventi delle elemosine, come recita l’iscrizione al di sotto della scena principale: “ISTAM TABULAM FECIT FIERI FRATER FRANCISCUinterno-porziuncolaS DE S(AN)C(T)O GEMINO DE HELEMOSINIS PROCURATIS A. D(OMI)NI MCCCLXXXXIII. INCEPTA DE MENSE AUGUSTI COMPLETA DE MENSE NOVEMBRIS. IN ISTIS PARTIBUS DURANTE GUERRA ET CARISTIA. PRESBYTER YLARIUS DE VITERBIO PI(N)X(IT)”.

L’imponente retablo -manufatto che, più complesso della semplice pala d’altare, è in questo caso costituito da una tavola di ampia superficie, una predella interrotta al centro per permettere l’accesso all ‘abside ed una cornice piuttosto larga inclinata verso l’interno – riveste la parete di fondo della Porziuncola ed è sagomato seguendone il perimetro ogivale.

Il programma iconografico dell’opera è estremamente complesso infatti, con una scelta tematica che ha suscitato molti interrogativi tra gli storici dell’arte, la scena centrale è dedicata alla Vergine Annunciata dall’Arcangelo Gabriele anziché alla Madonna degli Angeli (l’Assunta), patrona della Chiesetta tanto amata da Francesco.

Come ha acutamente evidenziato uno studio di Mario Sensi del 2002 tuttavia, l’Annuncio della nascita del Salvatore, quindi il mistero dell’Incarnazione, avrebbe un forte legame con il concetto di “Francesco Madre” al quale farebbero riferimento gli episodi del retablo che narrano l’Indulgenza del Perdono: la scelta di chi ha guidato il pennello di Ilario da Viterbo sarebbe volta quindi ad esaltare la conformità di San Francesco -“Pia mater” che chiede la salvezza per le anime dei fedeli in visita alla Porziuncola – con Gesù, che libera l’umanità dai suoi peccati.

Vi sarebbe inoltre un’esaltazione del  ruolo della stessa Porziuncola come “caput et mater” dell’Ordine minoritico:  essa è “particella” di mondo affidata dal Signore a Francesco per servirlo, così come Maria di Nazareth, che con gli Osservanti ne diventa l’emblema,  è “particella” eletta e santa di umanità scelta da Dio Padre per permettere al Verbo di farsi carne e di compiere il Disegno di salvezza. La purezza della Madre del Redentore, prima, durante e dopo il parto è sottolineata dai tre candidi gigli nel vaso all’interno della scena.

 

Gli Episodi del Perdono così come compaiono nel retablo sembrano derivare primariamente dal racconto della conceretablo-integralessione dell’Indulgenza di Michele Bernardi da Spello, che è stato fonte del diploma del vescovo Corrado (1335) e del quasi coevo Liber Sacrae Indulgentiae di Fra’ Francesco Bartoli. A conferma di questo legame si può notare come Michele da Spello, non solo utilizzi in riferimento al Poverello le parole “pia mater nostra, vidilicet b. Franciscus”, ma anche come nella sua leggendaria narrazione un ruolo centrale sia riservato al miracolo delle rose: proprio questi fiori appena sbocciati, associati a Maria e alla maternità, svolgono un ruolo chiave anche nel simbolismo del dipinto, probabilmente alludendo, quando presenti nel numero di dodici, alla missione apostolica dei Minori e, quando presenti in numero di tre, ai voti francescani di Povertà, Castità ed Obbedienza.

Il ciclo delle Storie del Perdono si legge, a partire dal riquadro in basso a destra dell’Annunciazione, in senso antiorario.

Gli angeli appaiono a San Francesco vittorioso sulla tentazione: Questa  prima scena mostra San Francesco che per fuggire alle lusinghe del demonio (raffigurato in alto mentre si sta allontanando) si è gettato nudo tra le spine di un roveto all’esterno della sua cella fatta di stuoie e tiene in mano il flagello per fustigarsi. In alto a sinistra Cristo si affaccia dal cielo e gli invia due angeli per accoglierlo.

Gli angeli accompagnano Francesco alla Porziuncola: Il secondo episodio vede Francesco vestito di una tunica incamminarsi con due creature celesti lungo una strada dritta, coperta da un tappeto dorato ornato di margherite, verso la Chiesetta. È pieno inverno ma il roveto, dopo essere stato pervaso di luce, si è ammantato di rose: Francesco ne reca con se ventiquattro -dodici rosse e altrettante  bianche, in onore di Cristo e della Vergine- mentre l’angelo a destra ne tiene in mano tre, due bianche ed una rossa.

Cristo, per intercessione della Vergine, concede a Francesco l’Indulgenza: Questa scena è più grande ed occupa la parte superiore del retablo, quella cuspidata. Francesco, affiancato dai due angeli è inginocchiato davanti all’altare della Porziuncola ed offre una corona di dodici rose al Redentore e alla Vergine seduti su un trono: all’interno di una mandorla pervasa di luce ed attorniata da una schiera di cinquantadue angeli (ventisei per lato) Cristo e Maria ascoltano Francesco chiedere l’Indulgenza plenaria. La Madonna, avvolta in uno splendente manto dorato, intercede con il Figlio a favore della richiesta del Poverello.

Francesco chiede a Onorio III di approvare l’Indulgenza: L’episodio vede Francesco andare da Onorio III insieme a Fra’ Masseo presso il palazzo lateranense per avere la conferma dell’Indulgenza ottenuta durante la visione alla Porziuncola. All’interno di un edificio coperto da volte il Papa, che seduto su un trono indossa il triregno ed è affiancato da altri sei religiosi, sta per ricevere dal Poverello tre rose bianche e tre rose rosse, segno del miracolo avvenuto a Santa Maria degli Angeli.

Francesco alla presenza dei sette vescovi umbri proclama al popolo l’Indulgenza: Quest’ultima scena si svolge davanti alla Porziuncola, visibile sullo sfondo a destra. Francesco si affaccia da un pulpito coperto da stoffa dorata e posto al di sotto di un baldacchino purpureo: il Santo tiene in mano il cartiglio che, annunciando al popolo l’Indulgenza, recita “(Hae)c est portae vitae aeternae”. Accanto a lui i sette vescovi dell’Umbria vorrebbero fissare un limite temporale a questo Dono ma per intervento divino non riescono a fare altro che confermare ciò che dice Francesco: il Perdono della Porziuncola è perpetuo e l’indulgenza plenaria con la remissione completa delle colpe potrà essere ottenuta da chiunque, avvicinatosi al sacramento della Riconciliazione, visiti la chiesa tra i vespri del 1 agosto ed il giorno successivo.

 

Nella cornice esterna del retablo dodici Santi intercessori raffigurati entro le edicole gotiche tricuspidate all’interno dei campi rettangolari, si intervallano con cherubini e serafini nei campi quadrati. Nei  due più in basso altrettanti  Oranti genuflessi (uno a destra e uno a sinistra)  rappresentano verosimilmente donatori che hanno fornito un notevole sostegno finanziario per la realizzazione del retablo.

Sensi nota come la pala possa offrire anche un’ interessante rilettura dei tre Ordines della società medievale: i Santi in rappresentanza degli Oratores, i donatori in rappresentanza dei Bellatores (proceres a sinistra e milites a destra), i personaggi delle scene della predella in rappresentanza dei laboratores, qui sostituiti però dai laborantes, ovvero “sofferenti del corpo e dello spirito”.

Nella predella infatti si riconoscono sei Episodi miracolosi, quasi tutti  legati all’intervento della  Vergine degli Angeli  o all’ icona che la raffigurava e che forse anticamente era presente in Porziuncola.

La pala, caratterizzata da uno splendido senso del colore e da materiali preziosi finemente trattati (la lamina d’oro ad esempio è applicata con tecniche diverse e lavorata in differenti maniere) mostra una tecnica pittorica degna della migliore tradizione senese: non a caso lo schema dell’Annunciazione è mutuato dall’opera di Simone Martini realizzata per il Duomo della città toscana nel 1333 (oggi agli Uffizi).

Corrado Fratini ha evidenziato la vicinanza degli angeli della scena della concessione dell’Indulgenza durante la visione alla Porziuncola con quelli che compaiono nell’Incoronazione della Vergine del coro ligneo nel Duomo di Orvieto ed ha sottolineato  come le accurate e minuziose descrizioni delle stoffe (si veda ad esempio la bellissima resa della tovaglia perugina nel pulpito dal quale si affaccia Francesco) rendano plausibile un rapporto diretto dell’artista con l’ambiente miniatorio.

Fino al 1916 una lastra d’argento sbalzata ricopriva per intero il retablo, lasciando vedere i volti dell’Angelo e della Vergine attraverso due aperture ovali: in questo modo la tavola era protetta dai fumi delle candele e dalle monete che per devozione i pellegrini gettavano. Nelle maggiori festività o durante le visite di personaggi illustri l’anta veniva aperta per mostrare l’Annunciazione ai fedeli.

Dott.ssa Silvia Rosati

Bibliografia:

Fratini, C. 2002. La pala di Ilario da Viterbo alla Porziuncola. In S. Brufani & E. Menestò (eds) Assisi anno 1300, Assisi, Santa Maria degli Angeli: Porziuncola, pp. 477–499.

Sensi, M. 2002. Il pellegrinaggio al Perdono di Assisi e la tavola di prete Ilario da Viterbo . In S. Brufani & Menestò Enrico (eds) Assisi anno 1300, Santa Maria degli Angeli, Assisi: Porziuncola, pp. 267–326

Sensi, M. 2002. Il perdono di Assisi. Assisi, Santa Maria degli Angeli: Edizioni Porziuncola.

Moretti, S. 2004. Ilario da Viterbo, detto Prete Ilario. Dizionario Biografico degli Italiani: pp. 232–

 

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