Gli acquisti di Niccolò,
mercante-cuoiaio perugino

Tratto da:
Guardaroba Medievale – Vestiti e società dal XIII al XVI Secolo
di Maria Giuseppina Muzzarelli


Apparteneva ad un milieu sociale Niccolò di Martino di Pietro, mercante-cuoiaio, figlio di un cuoiaio e nipote di un piccolo agricoltore e proprietario. Faceva parte del ceto borghese perugino e grazie ai floridi affari condotti nella sua azienda riuscì a raggiungere, nella prima metà del XV secolo, posizioni di prestigio a Perugia, dove ricoprì, tra l’altro, l’incarico di consigliere dei Priori delle Arti. Si occupava principalmente di compravendita di cuoi e pellami, ma commerciava anche in semilavorati e prodotti finiti: scarpe, pianelle e calzature in generale. A noi interessano gli acquisti di mantelli, calze e cappucci per sé, per la moglie Novella o per i figli.

I consumi della famiglia

Se leggiamo le registrazioni degli acquisti effettuati da Niccolò nei primi anni del Quattrocento, grazie al fatto che non di rado si tratta di tessuti o capi d’abbigliamento possiamo conoscere non solo i consumi di una famiglia come la sua, ma anche tipologia e costo di tali beni. Le spese riguardano il periodo che va dal 1400 fino al 1417, ma solo per il 1401-1404 abbiamo informazioni continue e relative all’intero anno. Per il 1400 sappiamo solo che Niccolo sborsò 2 fiorini e 17 soldi per riscattare un mantello da un giudeo presso il quale era stato impegnato dal padre Martino. L’anno dopo spese 3 fiorini e 12 soldi per l’acquisto di panno “scharlatino” con cui confezionare un mantello al figlio Francesco e di panno monachino, di tonalità spenta e qualità meno fine, per una sopravveste definita sacco per la moglie; nello stesso anno per 6 barili di vino spese 2 fiorini e 15 soldi, una cintura decorata in argento gli costò invece 1 fiorino e 62 soldi, mentre per un paio di calze rosse di Perpignano (ossia panno di Perpignano), ci volle poco più di un fiorino. Tutti questi acquisti vennero effettuati in maggio. Per 10 braccia di panno azzurrino che dovevano servire a confezionare una mantella per lo stesso Niccolò ci vollero 5 fiorini e forse fu proprio per la fattura di questo capo che spese 60 soldi “per lo sartori”, magari lo stesso al quale vennero dati 35 soldi per il “sacchetto” di Niccolò e 30 per la “facietura” di una veste; se 5 fiorini era l’ammontare della spesa della stoffa per il mantello e 60 soldi quello per la fattura, quest’ultima corrispondeva circa a un decimo della spesa per il tessuto, che in questo caso era abbastanza pregiato. In altre occasioni aveva infatti pagato circa la metà per la stessa quantità o quasi di tessuto: per due cappucci di panno celeste e un paio di calze di panno azzurrino la spesa fu di 1 fiorino e 75 soldi, poco più di quello che aveva pagato lo stesso anno per 3 mine di grano (una mina equivaleva circa a mezzo staio, cioè poco più di 12 litri) e poco piu di quanto spese “per un porcho”, e di 23 soldi per 2 braccia di panno di lana. Nell’arco dell’intero anno spese, stando a queste registrazioni, circa 85 fiorini, di cui 14 (un sesto circa) andarono per vesti e complementi.

I costi dei tessuti

Dall’analisi delle sobrie note di Niccolò si ricavano alcuni dati: la stoffa per un mantello poteva costare da 3 a 5 fiorini; il tessuto aveva un prezzo che variava da un minimo di 8-10 soldi al braccio (panno di lino o panno comune per guarnello) a 2 fiorini (panno rosato); per la confezione di un capo la spesa piu bassa registrata riguarda la fattura di una veste, 30 soldi, la più alta quello di un mantello, 60 soldi, mentre per farsi fare un farsetto si spendevano in quell’epoca a Perugia circa 37 soldi, 35 per un sacchetto e 85 per un completo di sacco e guarnello. Nel 1402, su un totale di uscite di 34 fiorini e 64 soldi, Niccolò ne spese circa 2 per acquistare 11 braccia di panno azzurrino «per me per chalce e chapuccio» e per un braccio di panno bigio per le calze di Francesco. L’azzurro è la tinta prevalente nell’abbigliamento di Niccolò e ricorre tanto nel mantello come nelle calze e nel cappuccio di «azzurrino», che era un panno comune adatto per capi d’uso quotidiano. Il colore serviva allora, come in altri casi la provenienza, a designare tipo e qualità di tessuto. Fu nel 1403 che Niccolò spese 85 soldi per la fattura di un sacco e di un guarnello: quest’ultimo capo, destinato alla moglie, comportò l’acquisto di 14 braccia di tessuto pagato 8 soldi il braccio. Il guarnello, s’e detto, era tanto un capo di vestiario quotidiano «da sotto» quanto un tipo di tessuto da buon comando, di canapa o lana lavorata grossolanamente, come conferma il costo considerevolmente minore rispetto a quello del «panno cilestro» che comperò sempre nel 1403, spendendo 6 fiorini per due canne. In quell’anno una corba di grano, che equivaleva circa a due staia, venne pagata da Niccolò 2 fiorini e 30 soldi, mentre un braccio di perpignano rosso per calze gli costò 85 soldi.

 

Il costo della vita

Se per un guarnello occorrevano piu di 10 braccia di tessuto, per confezionare un farsetto ne bastavano 4, e tante ne comperò Niccolò nel 1404 per 43 soldi, poco di più del costo della fattura (37 soldi e mezzo). Nello stesso anno spese poi 10 soldi per comperare un braccio di panno di lino: per acquistare un braccio e mezzo di panno rosato per Novella fu invece necessaria una cifra piu elevata, vale a dire 3 fiorini. Nel 1404 il volume delle spese famigliari risulta più contenuto rispetto all’anno precedente, per un totale di 32 fiorini e 17 soldi, simile invece all’ammontare delle spese del 1402: le spese dei primi 4 anni del XV secolo ammontano rispettivamente a 85, 34, 55 e 32 fiorini.Spigolando fra gli acquisti degli anni successivi si ricava che nel 1409 Niccolò spese per 4 braccia di guarnello 50 soldi, pagandolo cioè 12 soldi e mezzo il braccio, lo stesso costo del panno di lino del quale acquistò 2 braccia. Per Margherita comperò 14 braccia e mezzo di guarnello spendendo 7 lire e 5 soldi, mentre per sé ne comperò 6 braccia a 13 soldi e mezzo il braccio; acquistò anche 3 braccia di panno a 13 soldi il braccio, ma non è chiaro di che panno si trattasse.

 

Il panno di pregio

Il panno «scharlatino», di pregio, acquistato nel 1411 per fare un mantello a Francesco, lo pagò 3 fiorini e 32 soldi, ma non sappiamo di quante braccia si trattasse; nello stesso anno spese 2 fiorini e 54 soldi per un cappuccio di panno celeste, un paio di calze rosse e un cappellino. L’anno dopo spese 10 fiorini in panno celeste per la figlia Margherita e 4 per «una filetta di seta verde e rossa e in essa once tre e denari 4 d’ariento»: probabilmente una ricca finitura per la veste celeste. Sempre nel 1412 acquistò per 5 fiorini del panno azzurrino con cui farsi un mantello, analogo verosimilmente a quello che si era fatto confezionare nel 1401: passavano gli anni, ma tipologia e colori non variavano. In quell’anno il panno di lino costava (o di fatto venne da lui pagato) un po’ di più rispetto al 1409, 15 soldi anziché 12 al braccio, e ne comperò ben 24 braccia. Comperò anche 12 braccia di un altro panno da 18 soldi al braccio e sul finire dell’anno spese 1 fiorino e 60 soldi per 5 braccia di modesto guarnello nero. Nel 1412 spese complessivamente 119 fiorini di cui ne impiegò circa 27 per acquisti di tessuti e capi d’abbigliamento, una cifra pari a meno di un quarto del totale, entità tutt’altro che trascurabile e analoga a quella spesa in quell’anno presso lo speziale. Si tratta comunque di uscite notevolmente inferiori rispetto a quelle di qualche decennio dopo del setaiolo fiorentino Marco Parenti. I cofani della casa del cuoiaio ci appaiono forniti dell’essenziale, ma non certo ricolmi di vesti e ornamenti preziosi. Le spese di Niccolò si caratterizzano infatti per continuità e sobrietà: a una prevalenza di pezzi semplici fatti di tessuti modesti e resistenti, per lo più grigi o celesti, si accompagna qualche raro capo che si segnala per vivacità del colore, panno «scharlatino», arricchito al più da una filettatura in seta.

 

Tratto da:
“Guardaroba Medievale” – Vestiti e società dal XIII al XVI Secolo
di Maria Giuseppina Muzzarelli
Società editrice il Mulino, 2008
€ 14,00