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Alcune delle pagine maggiormente consultate all’interno del portale MedioevoinUmbria sono quelle relative alla storia dei Mulini ad acqua, testimonianza concreta di un soggetto centrale nella storia medioevale del nostro paese e della nostra regione. Inoltre ricordo che nei primi anni ’80 (con l’esperienza del Comitato di Iniziativa Popolare per il fiume Tevere) quando si iniziò a chiedere  una  maggiore attenzione alla qualità della gestione del territorio, usando come elemento di interpretazione il

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fiume Tevere,  si presentava sempre un nodo preciso, irrisolto, ed era questo: fino alle soglie degli anni ’50 il fiume era stato fonte di vita, di lavoro, di iniziativa economica, per poi interrompersi in modo drammatico fino ai giorni nostri, perché, come mai?

Incontravamo l’esperienza dell’uomo, attraverso appunto i mulini, che testimoniavano un uso intelligente dell’energia rappresentata dall’ uso dell’ acqua superficiale, senza però  conoscere l’estensione di questo fenomeno. Finalmente ora arriva una pubblicazione che va a collocarsi in uno spazio preciso e decisivo per riuscire a capire e decifrare la storia economica della nostra regione, si tratta del titolo:

L’ Umbria dei Mulini ad acqua

a cura di Alberto Melelli e Fabio Fatichenti (Ed. Quattroemme, Perugia, 2013)

Questo testo prosegue la sequenza di monografie iniziata con “Architettura e paesaggio rurale in Umbria. Tradizione e contemporaneità” del 2010, grazie al convinto sostegno  dell’amministrazione regionale umbra. Gli stessi curatori spiegano come fosse quasi una scelta obbligata, quella di affrontare il tema dei mulini idraulici perché rappresentano “ … uno dei principali elementi strutturali e storici del paesaggio rurale della nostra regione (…) per l’importanza comprensibilmente assunta da tali manufatti nel contesto storico, sociale e paesaggistico di una regione ricca di acque”. Gli autori parlano così proprio di un “microcosmo dei mulini e della molitura” essendo queste strutture spesso centri di relazioni oltre che economiche anche sociali.

01Queste pagine ci spiegano come: “ Le acque abbiano infatti sempre condizionato marcatamente la vita economica e culturale dell’uomo. Il loro sfruttamento è stato determinante soprattutto a partire dai tempi della società preindustriale, dominata dai lenti ritmi di una fase agricola in cui l’utilizzo e il controllo delle risorse idriche erano assolutamente necessari: basti pensare alle problematiche connesse alla possibilità o meno di irrigare, di sottrarre terre e zone acquitrinose, di ricorrere alla forza dell’acqua per produrre energia per i mulini, per le gualchierie, per la  fabbricazione della carta, ecc.; con riferimento poi, in tempi più recenti, alla nascita della grande industria, si considererà quanto la prima fase della sua affermazione sia stata direttamente connessa alla presenza delle acque correnti e alle opportunità di utilizzarle.” Questa interpretazione viene ancora approfondita nella sezione in cui si tratta dell’avvento, della diffusione e declino del mulino ad acqua; prestando particolare attenzione anche alla figura del mugnaio e alla struttura tecnica, al funzionamento e alle fasi di produzione del mulino stesso. Nella seconda parte il libro riporta il risultato di una attenta ricerca sui mulini in Umbria, organizzando questa materia in “ambiti regionali”, più precisamente: in alta Valle del Tevere, zona Eugubino-Gualdese, zona Perugino-Trasimeno, Valle umbra, media Valle del Tevere, Valnerina, Conca Ternana, Bassa Valle del Tevere, zona Orvietana, perché consistenza numerica, distribuzione territoriale e localizzazione degli opifici idraulici sono aspetti strettamente connessi alla specificità della rete idrografica, che per la gran parte è all’interno del bacino idrografico del Tevere che usufruisce di una ricca rete di corsi d’acqua. Così si propone una interessantissima serie di schede (Giovanni Cangi, Rosa Goracci, Remo Rossi oltre che degli stessi Alberto Melelli e Fabio Fatichenti) che illustrano la realtà di mulini ancora oggi visitabili, in pochissimi casi ancora funzionanti, ed in molti altri casi soltanto ruderi. In tutto questo è di grande valore ed aiuto alla comprensione del tema trattato, l’apparato fotografico realizzato da Bernardino Sperandio. In allegato, in una tasca interna, è possibile visionare un bell’opuscolo intitolato “Andar per mulini”, uno strumento che nasce dall’esigenza di far seguire alla ricerca storica, dunque alle schede concernenti le singole strutture molitorie, anche quanto possa consentire al visitatore di portarsi direttamente sia sui più significativi luoghi ed edifici descritti, sia su altre emergenze (paesaggistiche, ambientali, storico-artistico-culturali) attraverso percorsi aventi quale punto di riferimento proprio gli opifici idraulici.

(R.B.)