Queste armi furono molto popolari nell’antichità e nel Medioevo. La loro lunghezza conferiva indubbi vantaggi. Inoltre, anche un contadino poteva fabbricarle senza difficoltà. Per questo ce ne furono svariati tipi, di forma e misura diversa. Proprio a causa di questa varietà una denominazione precisa è virtualmente impossibile.
Data la loro lunghezza tutte queste armi dovevano essere usate con entrambe le mani.
Erano le armi dei contadini e dei soldati, che, non possedendo armatura né cavallo, devono riuscire a tenere a bada i cavalieri nemici come potevano. Per lo più erano usate in formazioni a ranghi serrati, in modo da creare una vera e propria foresta, irta di spuntoni e lame, pronta ad accogliere il cavaliere che fosse tanto pazzo da caricarla.

 ALABARDA

Dopo la picca ed il roncone, era una delle armi più diffuse nel Medioevo. Consiste in una grossa lama di ascia montata su un’asta lunga da 1,5 a 2,5 m, angolata in modo da ottenere il massimo impatto. La lama si restringe in una lunga punta di lancia o picca e sul retro c’è un uncino che serve per perforare armature e disarcionare cavalieri.
Originariamente concepita per essere usata contro la cavalleria, in realtà non è molto efficace a tale scopo, perché manca dell’allungo della picca e necessita di molto spazio per colpire. Essa trova un nuovo impiego contro le masse armate di picca. Se l’avanzata del fronte d’attacco si arresta, gli alabardieri escono dai ranghi e vanno ad assalire il fianco delle formazioni nemiche. I picchieri, con le loro armi eccessivamente lunghe, sono pressoché indifesi in questo tipo di combattimento ravvicinato.

ANGONE
L’angone (dal greco-bizantino ἄγγων, aggon) era un tipo di giavellotto usato nell’Alto Medioevo dai Franchi e da altre popolazioni germaniche tra qui gli Anglosassoni. Era simile al pilum usato dai Romani, probabilmente in quanto derivato da questo, ed era formato da una testa con barbigli e un gambo in ferro montato su di una mazza di legno
I modelli utilizzati dagli Anglosassoni e ritrovati nelle tombe hanno una lunghezza da 1,6 a 2,8 metri, mentre quelli ritrovati a Nydam Mose in Danimarca hanno una lunghezza minima di vanno dai 2,3 ai 3,0 metri. Sebbene lance più corte e leggere e con punte più piccole erano generalmente preferite in funzione di giavellotti, l’angone faceva eccezione: uno di questi, ritrovato ad Abingdon aveva una punta di 52,5 cm. I barbigli avevano la funzione di penetrare lo scudo del nemico in modo da non poter essere rimosso facilmente, mentre la lunga manica in ferro rendeva difficile separare la punta dal manico. Quest’ultimo era talvolta decorato o dipinto e presentava talvolta anelli in ferro o bronzo inseriti nel centro di massa dell’arma, cioè il posto migliore per impugnarla.
L’uso dell’angone era nelle fasi iniziali della battaglia, prima che le linee nemiche si scontrassero e i guerrieri combattessero corpo a corpo: iniziavano gli arcieri, seguiti dal lancio di giavellotti e di asce da lancio. Agazia racconta che i Franchi usarono gli angoni nella Battaglia del Volturno (554).

BARDICA
E’ una delle armi lunghe più semplici, perché in pratica è una ascia da guerra allungata. E’ composta da una testa di scure montata su un’asta lunga da 1,5 a 2,5 metri.
Si è probabilmente sviluppata dai normali attrezzi dei contadini e tra loro era molto utilizzata. Richiede però maggior spazio di manovra rispetto ad una picca o una lancia.

BECCO DI CORVO (BEC DE CHORBIN)
Si tratta di un’arma molto specializzata, in uso presso le classi nobili nel Basso Medioevo e nel primo Rinascimento. E’ una specie di grande apriscatole, creato appositamente per le corazze di piastre: il piccone, o becco, è fatto apposta per perforare la piastra, mentre il martello serve ad infliggere un duro colpo. Un’estremità termina con una lama corta, che può aver ragione di nemici disarmati o privi di armatura (l’arma è lunga circa 2,5 m e, poiché si basa sull’impatto, necessita di molto spazio per poter colpire.).

BRANDISTOCCO
E’ un’arma a tre lame, nascoste entro un tubo di ferro, simile ad un bastone. Le tre lame (la centrale lunga e le due laterali corte) si facevano uscire con un movimento orizzontale. l’arma venne usata a partire dal 1500.
Spesso viene denominato brandistocco anche qualche forma di forca da guerra, forse per varianti del brandistocco costruite con la possibilità d’esser innestate sulla custodia così a formare un corto tridente a lame.

CORSESCA
Arma in asta di media lunghezza, con ferro di varia sezione dal quadrato al rombo molto schiacciato; alla base della cuspide si dipartono due raffi spesso unghiati. Una robusta gorbia, coadiuvata da due bandelle interessanti un buon tratto dell’asta, garantiva una salda unione fra ferro e asta in un’arma predisposta non solo per i colpi di stocco, ma anche per essere utilizzata come raffio per atterrare il cavaliere o per sgarrettargli il cavallo. Essa derivò dallo spiedo da guerra ed i raffi presentano infatti i taglienti ai dorsi, mentre gli incavi sono costolati; per trarre sono predisposte le forti unghiature terminali. Si era proposta una derivazione còrsa dell’arma, che poi si sarebbe diffusa in ambiente europeo durante le guerre italiane della fine del XV Secolo. Si è pensato anche – e forse con maggiore fondatezza – ad uno sviluppo marinaro dello spiedo da guerra; ciò sarebbe confortato da testimonianze, sia pure abbastanza più tarde, presso le truppe della Serenissima repubblica di Venezia, ed ancora del fatto di godere di tanto prestigio presso la marinara Trieste tanto da divenire il simbolo della città. In Italia, nella prima metà del Sec. XVI, si modellò un particolare ed elaborato tipo di corsesca chiamata nel mondo antiquario “a pipistrello” e caratterizzata da una cuspide triangolare con forte costolatura centrale che proseguiva in una gorbia poligonata munita perlopiù di robuste e lunghe bandelle. Lateralmente alla cuspide, si protendevano divaricate due ali costolate alle punte principali e con una doppia lunatura incava ai dorsi. I laterali della larga cuspide erano taglienti e sovente anche tutti i contorni delle ali, il che rendeva quest’arma assai temibile negli scontri campali. La corsesca non è un’alabarda, ma un derivato dello spiedo di guerra.

FALCIONE
Derivato dalla falce e dal falcetto, consiste in una lunga lama curvata verso l’interno montata su un’asta lunga 2-2,5 metri. Può colpire di taglio o di punta, benché sia piuttosto inefficace usarla in quest’ultimo modo, a causa della curvatura della lama. Presentava un unico vantaggio: qualsiasi contadino poteva fabbricarsene una, adattando la sua falce.

FALCIONE-FORCA
E’ un tentativo di rendere più efficace il falcione con l’aggiunta di un lungo aculeo o forca sul retro della lama. Dovrebbe migliorare la penetrazione, ma rimane un’arma di scarsa utilità.

FALCIONE-GLAIVE
Il glaive è una delle armi lunghe più elementari. Consiste in una lama ad un taglio simile a quella di una spada, montata su un’asta lunga 2,5-3 m. Benché non sia l’arma più efficace, è relativamente facile da costruire e da usare. La lama tende ad essere ricurva, tanto da assomigliare, a volte, a quella di una mannaia o di un’ascia.

FALCIONE-GIUSARMA
Altra arma composita, ottenuta aggiungendo un uncino o un aculeo dietro la lama di un normale glaive. Questo dovrebbe, in teoria, aumentarne l’efficacia, benché il suo uso resti, in pratica, alquanto discutibile.

FALCIONE UNCINATO
Quest’arma composita è un altro tentativo di perfezionare il falcione. Sul retro della lama c’è un uncino, che dovrebbe servire a disarcionare i cavalieri. Come il falcione, non è un’arma molto efficace.

FORCA
E’ una delle modifiche più semplici degli arnesi da contadino, non essendo altro che un forcone montato su un’asta. Con i suoi rebbi rinforzati ed appuntiti, è un’arma efficace, che può diventare arma da taglio mediante l’aggiunta di altri elementi.

FRAMEA
L’arma più comune delle popolazioni germaniche era la framea, decritta da Tacito come”asta…dal ferro stretto e corto, ma così appuntita e facile da maneggiare che, secondo le esigenze del combattimento, la si può utilizzare come arma per il corpo a corpo oppure da lancio”
La framea appare dunque come un’arma in asta di media lunghezza, dall’uso poliedrico, lancia o giavellotto a seconda delle necessità e senza dubbio originaria dell’ambiente venatorio.
Tacito afferma che era l’arma principale dei guerrieri germanici, che solo raramente impiegavano le lunghe lance da urto; d’altra parte un’arma economica e di facile brandeggio meglio si combinava col warfare germanico dei primi Secolo dopo Cristo, che era contraddistinto da grande mobilità e dinamismo.
A causa della grande carenza di ferro propria delle popolazioni germaniche, alcune volte le framee non erano nemmeno provvide di cuspide metallica bensì di una punta in osso, o addirittura erano semplicemente delle corte aste di legno dalla punta indurita col fuoco (Archeologia Sperimentale: vai a ” Realizzazione di una framea lignea”). 
La framea, essendo l’arma per eccellenza, era segno distintivo della maggiore età, e insieme allo scudo veniva consegnata ai giovani dal capo tribù o dai genitori dinnanzi al Thing riunito appositamente, per sancire il loro ingresso a pieno titolo nella comunità

GIUSARMA
Arma probabilmente derivata dal potatoio, con una pesante lama ricurva. Benché fosse comoda e poco costosa, non era molto efficace.

LANCIA DA CAVALIERE
I vari tipi di lancia sono classificati a seconda delle loro dimensioni e della loro robustezza. Ciascun tipo poteva essere usato solo se il cavaliere aveva una cavalcatura di dimensioni corrispondenti o maggiori: se l’uomo montava un cavallo da battaglia leggero non poteva usare una lancia pesante, perché l’impatto avrebbe fatto ruzzolare a terra lui e il cavallo. Inoltre, le lance pesanti e da giostra richiedevano una perfetta stabilità del cavaliere in sella, quindi l’uso delle staffe. 

LANCIA DA GIOSTRA
La lancia da giostra è una lancia pesante modificata per l’uso nei tornei, in cui non si intendeva uccidere l’avversario: per questo la punta è arrotondata, in modo da non ferire gravemente. Naturalmente, poiché anche le migliori intenzioni vengono a volte vanificate, era sempre possibile ferirsi durante una giostra.

PARTIGIANA
E’ una variante dell’alabarda, consiste in una punta di lancia larga (lunga dai 25-40 ai 60 cm) fissata ad un’asta lunga 2,5 m. Dalla base della punta sporgono due lame divergenti più piccole, per causare maggiori danni ed intrappolare le armi nemiche. Dato che è un’arma da punta, può essere usata in formazioni a ranghi serrati.
Nel XVI Secolo era portata dagli ufficiali e sergenti schierati lungo i lati delle formazioni in quadrato.

PICCA
Si tratta in pratica di una lancia di frassino lunga da 3 a 6 metri, che termina con una punta acuminata. Conobbe il suo periodo di massima diffusione durante il Rinascimento. Poiché la picca colpisce solo di punta, si presta ad essere adottata da formazioni a ranghi serrati, consentendo a più file di combattere. Le grandi squadre di picchieri costituivano truppe formidabili, in quanto riuscivano a tenere testa anche alla cavalleria. Quando erano costretti al corpo a corpo, però, essi lasciavano a terra le ingombranti picche e combattevano con le spade corte.
Scomparve con l’introduzione del fucile con la baionetta (nel contempo arma da fuoco e in asta).

RONCONE-GIUSARMA
Arma composita particolarmente bizzarra, derivata dal roncone comune. Consiste in un’asta lunga 2-2,5 metri, che ha in cima una mannaia con uno spuntone sul retro ed un gancio o un aculeo in mezzo. Si tratta, evidentemente, di un’arma multiuso, che comunque richiede, come quasi tutte le armi lunghe, molto spazio di manovra.

SPIEDO
Arma in asta avente il ferro con cuspide variamente modellata, a seconda dell’uso previsto; dalla forma base, una cuspide a foglia, derivarono varie armi specializzate per particolari impieghi. Si adoperava lo spiedo sia a piedi che a cavallo, sia per la guerra che per la caccia. Arma di derivazione romana, fu assimilato dai popoli immigrati e modificato in base alle consuetudini locali. I Merovingi adoperarono per la guerra uno spiego a lunga cuspide, adatto a colpire di punta e di taglio; quest’arma recava alla base del ferro due arresti di forma triangolare, con il lato superiore posto dalla parte dei taglienti e normale ad essi; con ferro a cuspide più corta era usato per la caccia. L’asta di queste armi era di solito poco più lunga dell’altezza di un uomo. Gli arresti, in entrambe le versioni, avevano lo scopo di tener lontana una possibile offesa, sia che la minaccia venisse da un’arma avversaria, sia che venisse da zanne o corna di una preda ferita; evitavano anche che un colpo portato con eccessiva violenza facesse inferrare l’arma, rendendone difficoltoso il recupero. Lo spiedo da guerra ebbe notevole diffusione nei secoli XIV e XV, presentandosi con un ferro molto lungo, solitamente a sezione romboidale più o meno schiacciata, accompagnata da altri due rebbi che, posti alla base e curvi, si protendevano in avanti; era questa un’arma idonea a trapassare le difese di cuoio e di maglia di ferro. Lo spiedo “alla furlana” aveva grandi raffi utili nello scontro con i cavalieri per sgarrettare i cavalli e per questo motivo era considerato un’arma sleale: anziché misurarsi con il nemico, lo si faceva proditoriamente cadere da cavallo. Fu in uso dal Secolo XV al tardo XVII, quando fu impiegato contro i Turchi a Vienna, da esso pare sia derivata la Corsesca. Lo spiedo “alla Bolognese” presentava un ferro piuttosto appiattito, largo e tagliente, atto a colpire di punta e di taglio, che recava alla base due alette. Da quest’arma, nel Secolo XVI, pare sia derivata la “partigiana”. Tralasciamo di parlare degli spiedi da caccia, salvo del tipo, particolare detto “da ripiegarsi”, sviluppatosi in Italia nel Secolo XVI e da qui diffusosi in tutto l’ambito europeo. Abbiamo stabilito un sicuro legame tra spiedi e corsesche. Sappiamo dell’esistenza di uno spiedo “alla furlana” utilizzato fino alle guerre coi Turchi del XVII Secolo. Integriamo le nostre conoscenze con l’esame delle fotografie tratte dall’Archivio del Palazzo Ducale che il Franzoi ci propone nella sua opera. Concordano, ma non del tutto, con le tavole e le descrizioni delle armi che ci ha proposto Blair, in particolare quando ci indica le “corzesche” e le “corzesche del tipo spiedo”, ma noi sappiamo che si tratta di derivarti dalla stessa origine. Un breve cenno, prima di trarre le conclusioni, alle truppe che si muovevano nelle nostre terre e negli stati vicini tra il XVI ed il XVIII Secolo, in esse erano presenti formazioni professioniste e mercenarie ma anche leve domestiche, come le “cernide”, comandate dai Savorgnan. Ad un attento osservatore non sarà sfuggito che il Manzoni, quando descrive il passaggio delle truppe imperiali, cita il Colloredo ed il Villalta, con i loro lanzi, soldati tratti dal contado. Alla difesa di Vienna contro i Turchi ebbero parte attiva Ermes di Colloredo ed il Beato Marco d’Aviano, guardando le grandi tele che descrivono quelle battaglie non si può fare a meno di notare che intere formazioni sono armate di spiedi “alla furlana”. Ritorniamo da dove siamo partiti: San Sergio ed il suo spiedo, perché di questo si tratta, essendo l’alabarda un’arma rinascimentale e totalmente diversa dal ferro rappresentato sullo stemma della città di Trieste. Sergio era un centurione romano, si presume armato con armi romane. I primi spiedi, come sappiamo, derivarono da armi romane, quindi… La vera alabarda è l’arma rappresentata nello stemma di Hallstadt. Facciamo una “liason” tra l’alabarda-corsesca di Von Volborth e la corsesca di Blair, riferite allo stemma di Trieste, ma contestiamo la marineria della città, se riferita a tempi precedenti a Maria Teresa, quando un paesotto di pescatori di circa cinquemila anime si trasformò nel porto dell’Impero. Nel castello di Karlstein, nei pressi di Praga è conservata una carta geografica dove l’area dal Livenza fino alla Krajna è indicata col nome di Furlanska e non vi appare nessuna città al posto della diruta Tergeste romana. L’unica potenza marinara dell’Adriatico fu la “Dominante” Venezia, signora anche di queste terre. L’unica arma assonante a quella dello stemma della città di Trieste è lo spiedo alla furlana.

SPUNTONE
E’ molto simile alla partigiana, da cui differisce perché la lama principale è più sottile e le lame divergenti assomigliano ai rebbi di un forcone. Questi denti aggiuntivi sono in grado di intrappolare le armi nemiche e, a volte, di perforare le armature.

VOLGIA (ASCIA DI LOCHABER)
Come la bardica, è una variante dell’ascia. E’ in sostanza una mannaia montata su un asta lunga 2-2,5 m. Si trattava di un’arma popolare, facile da costruire e da imparare ad usare.

VOLGIA-GIUSARMA
Quest’arma ha una testa d’ascia montata su un’asta lunga 2,5 metri. La lama si assottiglia fino a diventare una punta penetrante e c’è un aculeo sul retro per poter perforare le armature, a volte sostituito da un uncino appuntito per disarcionare i cavalieri.