Nel maggio 1230, dopo quattro anni di sepoltura provvisoria nella parrocchiale di San Giorgio, le reliquie corporali di Francesco d’Assisi trovarono definitiva reposizione nella cella memoriale, sotto l’altare maggiore eretto al centro della crociera della Cripta della nuova chiesa sepolcrale. Alla solenne traslazione del corpo del Santo sono legati i primi doni dal prestigio papale e regale che segnano l’inizio effettivo della raccolta nota poi come il Tesoro della Basilica. Riferisce la Leggenda 3 Sociorum, 72: «Il fondatore Gregorio IX inviò una croce d’oro, scintillante di pietre preziose, con incastonata una reliquia del legno della croce di Cristo. Oltre a ciò, oggetti di decorazione, suppellettile liturgica e altri oggetti utili al servizio dell’altare, molti preziosi e splendidi parati sacri».
Con la bolla Dignum extimamus del 16 luglio 1253, Innocenzo IV proibisce ai frati minori custodi del Santuario di disperdere in qualunque modo oggetti di oreficeria sacra, messali e breviari, paramenti liturgici. Il “tesoro” era per secoli custodito nella stanza segreta costituita dalla base del possente campanile. Numerosi inventari a cominciare dal 1338 ne documentano l’accrescimento. Nell’archivio del Museo è del 1897 un primo catalogo con annessa relazione, redatto da Angelo Lupattelli per la Soprintendenza di Perugia, in vista della costituzione di un “Museo Francescano”. Dopo la restituzione del Convento ai frati nel 1929, la preziosa collezione fu allestita ed esposta al pubblico nella Sala Pio XI, rifatta per l’occasione. Nel 1977 fu trasferita nel salone Gotico, sua attuale sede. Dal 1986, il Museo del Tesoro è arricchito dalle cinquantasette tavole e un bassorilievo in marmo della donazione “F. M. Perkins”(1).
Lungo i secoli il patrimonio artistico della Basilica subì varie depredazioni e dispersioni. I napoleonici portarono via 1144 libbre di ori e argenti. Oggi vi si possono godere: opere di oreficeria sacra del respiro europeo e orientale (croci processionali, manuali e d’altare; reliquiari); due dossali arabi di seta rossa e gialla, unici per grandezza e ricamatura; otto arazzi fiamminghi; il paliotto di Sisto IV; il messale parigino miniato con l’evangeliario e l’epistolario di san Luigi IX; maioliche invetriate medioevale; tavole istoriate dal XIII al XVI secolo; quattro sinopie di maestri romani e senesi del XIII e XIV secolo.

 

(1) Nella seconda metà del secolo XX sono stati affidati al Museo i 56 dipinti e la scultura della cosiddetta Collezione F. M. Perkins, comprendente opere tra il XIV e XVI secolo tra cui – per citarne solo alcune – un San Francesco del Beato Angelico, la Madonna che adora il Bambino del Garofalo, due tavole di Giovanni di Paolo e tre di Pietro Lorenzetti, il San Sebastiano dell’Ortolano e il San Cristoforo del Sassetta.