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Centro del subappennino marchigiano, il cui territorio è posto interamente tra le valli del fiume Tesino e del fiume Tronto. Il centro abitato deve la sua pianta irregolare allo sperone roccioso sul quale sorge, ritagliato dai due rami sorgentizi del torrente Lama, affluente di sinistra del Tronto.

Storia
Piuttosto dibattute le origini di Offida. Lo stesso toponimo è oggetto di diverse interpretazioni e non aiuta a formarsi un’idea certa su come sia sorto il centro abitato. Nel territorio offidano sono presenti tombe picene (VII-V secolo a.C.) e vestigia romane ma non c’è traccia storica certa fino al 578 d.C. quando gli ascolani in fuga per l’invasione longobarda fondarono diversi castelli nei colli piceni, compresa Offida.
Secondo alcuni storici Offida già nel VII secolo sarebbe stato un centro di una certa importanza, divenendo sede di un Gastaldato. Dello stesso ci sarebbero tracce in epoca carolingia e sotto il Sacro Romano Impero quando la città assunse grande importanza.
Al 1039 risale la prima testimonianza storica certa, quando Longino d’Azone cede all’Abbazia di Farfa il castello di Ophida. Nel 1261 una bolla di papa Urbano IV conferma i poteri dell’Abbazia di Farfa istituendo il Presidato Farfense, una sorta di governatorato distaccato da Farfa e indipendente da qualsiasi diocesi.
Nel 1292 papa Niccolò IV concede ai comuni marchigiani la facoltà di eleggere podestà, consoli e priori. Per Offida e per altri grandi centri marchigiani dell’epoca si tratta di un riconoscimento ufficiale per delle istituzioni già operanti e “collaudate”.

Toponimo
Legata all’incertezza delle origini, anche la natura di Ophida, o Ofida, come appare nelle prime testimonianze medievali, è oggetto di studi che non hanno portato ad una conclusione condivisa. Tramontate le tesi legate ad un’origine greca (da Ophis, serpente) o romana (da Oppidum, città fortificata), tra le altre teorie ha credito quella che fa risalire il nome all’unione di due radici di origine indoeuropea: Oph (ricco) e Ida (monte, colle).

Da vedere:

Chiesa di Santa Maria della Rocca
È uno dei maggiori monumenti dell’intera regione Marche. Sita all’estremo occidentale dell’abitato, risulta circondata su tre lati da altrettanti dirupi che la ritagliano esaltandone l’imponenza e aprendola allo sguardo di due vallate. La grande costruzione in laterizio in stile romanico-gotico si deve al maestro Albertino che la eresse nel 1330 sulla preesistente piccola chiesa benedettina.
La facciata è rivolta verso l’esterno dell’abitato ed è solcata da lesene mentre, venendo dal paese si incontrano tre alte absidi poligonali con paraste di pietra bianca, monofore e archetti gotici. Sull’abside centrale si apre un portale gotico che immette nella cripta (a 3 poi a 5 navate), larga quanto la chiesa superiore e ornata di affreschi attribuiti al Maestro di Offida. La chiesa superiore, ad aula unica secondo la tradizione degli ordini mendicanti, conserva affreschi di influsso giottesco, ancora attribuiti al Maestro di Offida (quelli del transetto sono datati da un’iscrizione al 1367[4]) e altri attribuiti a Giacomo da Campli (secolo XV). Parte delle decorazioni originali sono andate perse anche per il deperimento della copertura e per la soppressione dell’ordine monastico.
Negli altari laterali, eretti in epoche diverse, si segnala quello dedicato a Sant’Andrea, del XV secolo, con pala affrescata su muro da Vincenzo Pagani.
Durante l’avanzata delle truppe alleate, tra il 16 ed il 18 giugno 1944 alcuni militari tedeschi avevano minato completamente la chiesa affinché le macerie fossero di intralcio agli alleati, ma nessuna delle trenta mine esplose e gli abitanti attribuirono l’episodio ad un miracolo della Vergine.
Sul lato sinistro della prima scala che conduce alla chiesa è rappresentata una pecorella che mangia un quadrifoglio; la credenza popolare vuole che se ci si posiziona sopra, percorrendo a ritroso la scalinata, ad occhi chiusi, il desiderio espresso sarà esaudito.

Palazzo comunale
Costruito tra il XIII e il XIV secolo (torre centrale merlata). La facciata è preceduta da un portico a 7 arcate con un’elegante loggetta a 14 arcate alzata nel XV secolo. All’interno vi è una piccola pinacoteca con opere di Pietro Alamanno e Simone de Magistris da Caldarola. Nell’archivio storico comunale si conserva, tra l’altro, il catasto pergamenaceo mutilo del XIV secolo forte di ben 70 pergamene in caratteri gotici.

Santuario di Sant’Agostino
In seguito all’arrivo delle reliquie relative al Miracolo Eucaristico di Lanciano l’originale chiesa della Maddalena venne sostituita da una chiesa più grandiosa che gli agostiniani decisero di intitolare proprio a Sant’Agostino. La sua costruzione si protrasse dal 1338 al 1441. La facciata è barocca (1686). L’interno fu modificato e ampliato nel XVIII secolo con pianta a croce latina con cupola entro tiburio e una veste tardobarocca di stucchi e arredi lignei pregevoli (coro e confessionali in radica di noce dell’ebanista offidano Alessio Donati). Sempre nell’interno si conservano una preziosissima croce reliquiaria (la “croce santa” che conserva la reliquia del suddetto miracolo) opera in argento dorato realizzata a Venezia nel Trecento e un altro reliquiario di arte marchigiana del Quattrocento.

Chiesa della Madonna del Suffragio
Sulla facciata posta ad oriente vi sono due piccole porte murate in travertino del secolo XIV, un fregio in terracotta di stile romanico e un architrave in travertino con fregi bizantini. Sempre sulla stessa facciata vi è l’originario ingresso della chiesa di Sant’Antonio abate con a lato un affresco di Simone de Magistris dedicato allo stesso santo, molto deteriorato in quanto esposto all’esterno. L’interno a tre navate fu realizzato nel Settecento. Vi si conserva una statua lignea del Quattrocento e uno scheletro ligneo del Seicento raffigurante “la morte”, che un tempo la Compagnia del Suffragio portava come emblema in processione.

Monastero di San Marco
Sorto come monastero francescano nel Trecento su un preesistente sito benedettino, ha vissuto diversi cambiamenti nel corso dei secoli. Dal 1655 ospita le monache benedettine mentre l’attuale chiesa di San Marco in stile barocco fu fatta costruire nel 1738 occupando la parte centrale di quella originale eretta nel 1359 di stile romanico-gotico e della quale sono tornati alla luce un ampio portale con sovrastante rosone (attualmente non visibili perché racchiusi nel muro di cinta). Il lato sud su piazza Baroncelli, oltre al portale a edicola di accesso alla chiesa (1574) presenta gli originali archetti gotici e monofore chiuse, così come sul lato nord che però non è visibile perché racchiuso dalle mura di cinta del monastero. Nel monastero sono conservati alcuni affreschi del XIV-XV secolo, una croce lignea policroma e una croce reliquiario di pietra e perle preziose.

Chiesa dell’Addolorata
Chiesa quattrocentesca a navata unica con un’elegante loggetta cinquecentesca sul fronte ed un elaborato cornicione in cotto. All’interno vi è esposta la “bara”, cioè quel carro con baldacchino finemente decorato sul quale è sistemata la statua del Cristo morto che viene portata in processione il venerdì santo.

Chiesa Collegiata
Costruita tra il 1785 e il 1798 dall’architetto ticinese Pietro Maggi su un disegno assai modificato dell’ascolano Lorenzo Giosafatti; ha un interno in stile neoclassico Luigi XVI e una facciata realizzata solo alla fine dell’Ottocento in stile eclettico di laterizio e travertino. All’interno, fra l’altro, vi si conservano un cofanetto ligneo duecentesco con 26 figurette eburnee di arte settentrionale, una croce astile del Trecento, un reliquiario del Quattrocento, un gruppo ligneo del Cinquecento, un crocifisso ligneo di Desiderio Bonfini (1612), pitture dei secoli XIV, XV e XVI (scuola crivellesca e scuola di Pietro Alemanno). Il coro intagliato con colonnine tortili e specchi in radica di Verona a due ordini di 14 stalli fu realizzato da Alessio Donati per la chiesa di Santa Maria della Rocca ma venne trasferito nel 1794 nella Collegiata, insieme alle reliquie di San Leonardo di Noblac conservate in un’urna posta all’interno dell’altare maggiore, anch’esso in legno.

Santuario del Beato Bernardo

Il convento dei cappuccini di Offida con l’annessa chiesa, dove visse fra Bernardo per lunghi anni, restò in piedi dal 1614, anno di fondazione, fino al 1893, quando i frati, in vista dell’imminente bicentario della morte del beato, decisero di ricostruirne un altro più moderno, con chiesa più ampia e decorosa in suo onore. Ricostruirono i due edifici sullo stesso terreno conventuale su disegno dell’architetto cappuccino fra Angelo da Cassano d’Adda.
Fra Angelo appena giunto in Offida, nella primavera del 1893, dopo un attento studio del sito, risultato con una configurazione a carattere stratigrafico e argilloso, quindi terreno difficile e ad alto rischio relativamente al settore edilizio, prese la sua decisione coraggiosa: nonostante tutto, decise di non mutare il “sito” della costruzione ma di spostare solo di poche decine di metri, verso sud – ovest, la sede del nuovo complesso conventuale.
Nel nuovo Santuario, a tre navate, ampio e luminoso, è stato prevista una cappella in onore del beato, destinato alla custodia delle sue spoglie mortali.
In un primo tempo nella nuova chiesa, la cappella del beato era ornata da un altare di stile composito poi abbattuto per far posto all’attuale complesso architettonico.
L’altare era ornato da quattro colonne tortili, in legno scuro, due per lato, con una trabeazione classicheggiante, a più moduli. Nel centro si apriva la nicchia con la statua del beato, reggente il giglio sulla destra ed il teschio sulla sinistra, mentre un angioletto, sulla sua sinistra, mostrava una scritta. È probabile che l’altare fosse stato composto con elementi architettonici della vecchia cappella del beato, costruita nel 1792, se non si trattava addirittura dello stesso antico altare, sistemato nella nuova sede.
L’attuale cappella sorge nel terzo vano laterale sinistro, ampliato in profondità, il quale, con un andito di rimpetto, delle stesse dimensioni, ora occupato dall’organo, conferisce alla chiesa la forma di croce latina, a tre navate.
Il baldacchino è costituito da quattro colonne con basi verticalmente sviluppate e sobriamente decorate, con fusti lisci e con capitelli corinzi, ed è abbellito con decorazioni nell’architrave e nella volta, dovute sicuramente al Girolomini, come suoi sono i due vasi ai lati e la guglia terminante con una croce nel centro. In una fascia si legge: MANUM SUAM APERUIT INOPI (aprì la sua mano al bisognoso), con esplicita allusione alla bontà e generosità del beato verso i poveri.
In vista del terzo centenario della morte del beato (1994) il 14 ottobre 1992 sono iniziati i lavori di restauro delle decorazioni pittoriche, del tetto della chiesa. Dopo il natale del 1992 si è dato inizio ala ristrutturazione del coro e del presbiterio. Un nuovo altare ligneo è stato sistemato nel presbiterio. I due nuovi amboni sono opera ammirevole dell’ebanista cappuccino padre G. Trombetta da Cingoli. L’indovinata illuminazione esalta la vivida cromia delle tele dipinte a spatola, opere di un artista che nutre e anima le sue figurazioni di fulgida luce diurna. In questa occasione è stata eretta una statua commemorativa del Beato Bernardo collocata all’inizio del viale d’accesso al santuario realizzata dal famoso scultore locale Aldo Sergiacomi.

Teatro Serpente Aureo

Il Teatro Serpente Aureo fu costruito nel 1820 su disegno di Pietro Maggi, demolendo parte dell’antica casa comunale della quale è rimasto l’elegante portico quattrocentesco a fungere da facciata. Ampliato e decorato poco dopo l’unità di Italia con stucchi dorati e dipinti a tempera. Con pianta “a boccascena o a ferro di cavallo” tipica dei teatri settecenteschi conta tre ordini di diciassette palchetti e un loggione diviso in quindici parti.


Carnevale di Offida