Per Amore e per decoro
usi e riusi delle fuseruole in maiolica di Deruta

di Mauro Branda

 

Fusaiole, fuseruole, pittole … con questi e altri nomi vengono chiamati i piccoli oggetti di forma globulare che si trovano spesso a corredo di preziosi ricami e tessuti, ornando angoli di tovaglie e bordi di tendaggi. La fuseruola è indicata dai paleontologi come un oggetto a forma di disco forato nel mezzo. Se ne trovano nei siti archeologici, a partire dal neolitico, con forme troncoconiche o lenticolari. I materiali usati per la realizzazione sono i più vari: dall’argilla, alla pietra fino al corno di cervo e al legno. I rinvenimenti sono, in genere, in tombe femminili ma anche nelle case, tanto che gli studiosi hanno a lungo discusso su quale ne fosse l’uso primario. La maggior parte è d’accordo sul fatto che la fuseruola sia servita a bilanciare il fuso nel lavoro di filatura, abbassandone il centro di gravità e rendendo quindi il filato più uniforme. Giuseppe Bellucci, in alcune interessanti pubblicazioni sulle Tradizioni popolari italiane (Perugia 1895; 1903) colloca questi articoli tra le “coppe amatorie”.


Ditali e Fuselli

Le coppe amatorie

Queste ultime sono oggetti, o meglio, regali in majolica destinati a fidanzate, spose o puerpere in occasione di balli e ricevimenti. Sono piatti, scodelle, vasi, anfore che portano istoriati, l’immagine della donna amata e un cartiglio che contiene le lodi alle virtù della donna stessa. L’opinione del Bellucci ben si adatta alla teoria autorevole del Pigorini che vuole le fuseruole non come un semplice oggetto d’uso ma le pone tra gli articoli da ornamento come capocchie di spilloni o grani di collana. Sempre il Bellucci ricorda come fosse un’ usanza diffusa nelle campagne, quella di donare alla propria fidanzata o promessa sposa, la conocchia con il fuso e la piccola sfera in majolica, detta fuseruola. Quest’ultima, come la coppa amatoria, era decorata dai maestri ceramisti di Deruta a fasce concentriche strette, all’interno delle quali venivano impressi nomi di donna, motti relativi all’amore ma anche nomi mitologici, romani, biblici, cristiani che alludevano in qualche modo a virtù o qualità personali e che spesso erano accompagnati dal l’aggettivo “bella”. Di frequente, i nomi erano curiosamente modificati in quanto vezzeggiativi o peggiorativi e ciò, si presume anche per l’ignoranza dell’artigiano che creava gli oggetti. Molto spesso l’artista però si prendeva gioco del committente approfittando che questi non sapeva leggere . Ecco allora errori di grafia voluti e nomi scritti addirittura al contrario. L’usanza è testimoniata da una collezione di oggetti di questa foggia risalenti al XVI secolo e presenti nel Museo Regionale della Ceramica di Deruta. Fino alla fine dell’ Ottocento continua la produzione di queste particolari coppe amatorie. Nel Novecento riemerge la produzione legata espressamente all’abbinamento ai tipici ricami in Punto Deruta nelle varietà “Antico” e “Policromo”, a decorare nappe ai quattro angoli di tovagliette e cuscini e, in seguito anche a formare collane.

* Il presente articolo è parte della omonima pubblicazione da me redatta sull’argomento

 

   
   

 
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