Laboratorio di vetrate artistiche Moretti – Caselli
che eseguì il restauro della vetrata di S. Domenico

 
Si tratta di un laboratorio magnifico, sia per i materiali che conserva sia dal punto di vista architettonico: è una delle case dei Baglioni che Antonio da Sangallo non incluse nel progetto della Rocca Paolina.
Al suo interno si è mantenuto intatto l’ottocentesco atelier di pittura di Francesco Moretti, con schizzi, bozzetti, calchi in gesso, vetrate dipinte a fuoco, oltre ad un’ampia raccolta di materiale documentario. Nel corso della sua lunga vita Moretti, oltre ad occuparsi di vetrate, fu insegnante di pittura all’Accademia delle Belle Arti a Perugia e per un periodo fu anche il curatore di quella che è l’attuale Galleria Nazionale dell’Umbria.
Negli anni immediatamente successivi all’unità d’Italia fu incaricato dalla municipalità di Perugia di eseguire il restauro della vetrata di S. Domenico.
La vetrata è opera del pittore fiorentino Mariotto di Nardo, che l’ha firmata sull’orlo della veste di S. Caterina d’Alessandria (HOC OPUS MARIOCTUS NARDI DE FLORENTIA PINSIT. DEO GRATIA. AMEN). Con lui collaborò il pittore perugino fra Bartolomeo di Pietro Accomodati, annoverato nella matricola dell’Arte dei pittori perugini nel ruolo di Porta S. Pietro. Nella parte inferiore c’è un’iscrizione in caratteri gotici che occupa due righe, nella quale è indicato l’anno di esecuzione della vetrata (1411) e fra Bartolomeo
se ne dichiara l’autore. Secondo quanto racconta lo storico perugino Raniero Gigliarelli il finestrone – uno dei più grandi in Italia se si eccettuano quelli del Duomo di Milano (è alto m. 21,35 e largo m. 8,50. Ha una superficie di circa 182 metri quadrati, e proprio grazie alla imponenza fu risparmiato dal Maderno nel 1632, insieme a tutta la cappella absidale) – pare che, almeno fino al 1714, fosse in buono stato di conservazione. E solo successivamente venisse gravemente danneggiato da incuria ed eventi atmosferici. Tanto che, quando nel 1857 il Papa Pio IX venne a Perugia, lo trovò in condizioni deplorevoli, scomposto in mille pezzi ammucchiati senza ordine.Il municipio di Perugia, venuto in possesso del complesso di S. Domenico, decise di affidare l’incarico del restauro della vetrata all’insigne cittadino Professor Francesco Moretti. Proprio in quegli anni Moretti stava compiendo delle ricerche a titolo personale sulla tecnica di fabbricazione delle vetrate e della pittura su vetro. Lo spingeva una viva curiosità ne confronti di quella forma d’arte, fiorita nel Medioevo in stretta connessione con l’architettura religiosa, in seguito gradualmente trascurata fino quasi a scomparire nel Seicento e nel Settecento, ed infine ripresa nel secolo scorso sull’onda del rinnovato interesse per quel tipo di lavorazione.

Quando Moretti si mise all’opera la vetrata era smembrata e collocata in casse.In un primo tempo egli impiantò il suo laboratorio nel convento di S. Domenico, ma fu poi costretto a lasciarlo perché pressato dalle richieste dei militari che vi si volevano acquartierare. Il paziente lavoro di restauro durò 16 anni, tra alterne vicende, e venne condotto a termine nell’agosto del 1879, in occasione dell’apertura dell’Esposizione Umbra. A restauro ultimato sulla lama della spada dell’Arcangelo Michele e dell’Arcangelo Raffaele si può leggere: F. Moretti 1876.
Nell’archivio dello studio moretti Caselli – studio tuttora attivo nella persona del pronipote di Francesco Moretti – sono conservate le testimonianze di quel lungo lavoro: un bozzetto della vetrata; l’inventario di tutti i pezzi che la costituivano; i cartoni a grandezza naturale con l’indicazione delle rotture e dei pezzi mancanti, cartoni che erano ottenuti servendosi di una carta piuttosto spessa che, premuta sulla vetrata, conserva l’impronta della trafila di piombo che poi veniva ripassata a penna.
Fotografia di Francesco Moretti nello Studio dell’attuale via Fatebenefratelli 
Ci sono addirittura alcuni frammenti della vecchia vetrata, troppo piccoli o inadatti ad essere rimessi in loco. Oltre a questi materiali vi sono custoditi i documenti ufficiali di incarico ed una fitta corrispondenza con studiosi ed artisti del tempo, che consentono di percorrere agevolmente le fasi del restauro e anche i problemi affrontati prima di poterlo portare a termine. E’ degno di nota il fatto che proprio nel periodo in cui Moretti si occupò del finestrone di S. Domenico lo stile gotico conobbe quasi ovunque un autentico “revival”, che spesso portò a compiere sulle opere antiche dei malintesi restauri, ampiamente reintegrativi, quando addirittura non accadeva che vetrate medioevali autentiche venissero sostituite da falsi pseudo gotici.

La metodologia che Moretti adottò per il restauro fu invece estremamente rispettosa ell’opera originale e tese a conservarne quanto più possibile le caratteristiche. Se tale restauro fu certamente uno dei lavori più impegnativi che, nel corso della sua più che secolare attività, lo studio Moretti Caselli si trovò ad affrontare, tuttavia non possiamo fare a meno di ricordare alcuno altro dei molti importanti lavori eseguiti da quattro generazioni di maestri d’arte della famiglia Moretti Caselli: la creazione di 5 vetrate per il Duomo di Perugia ed il restauro della vetrata con la predica di San Bernardino; l’esecuzione delle finestre laterali e il restauro del finestrone absidale e dei due occhi dell’abside del Duomo di Orvieto; oppure i restauri di San Francesco ad Assisi, per la chiesa della Pieve di Arezzo, per la chiesa della Ss. Annunziata e per il Duomo di Arezzo; e ancora le numerose vetrate che lo studio ha eseguito per la Basilica di Loreto, per il Duomo di Capua, per la Chiesa del Sacro Cuore di Torino, per la Basilica di Santa Maria degli Angeli, per Palazzo Gallenga e per il Castello dell’Oscano a Perugia, per la Chiesa di Bastia, per la Chiesa di S. Fortunato a Todi, per la Basilica inferiore di San Francesco ad Assisi; per non dire della fedele riproduzione del cenacolo leonardesco su richiesta di un committente americano, che ora si trova a Glendale in California.

di Luciana Marino

Testo tratto da “IL COMPLESSO DI SAN DOMENICO A PERUGIA – una ricchezza dimenticata”
A cura della Sezione Architettura del CENTRO CULTURALE S. TOMMASO D’AQUINO