La cucina umbra è una delle più interessanti e caratterizzate d’Italia. Una cucina sobria, di terra, che segue alcuni fili conduttori: l’olio di oliva, il maiale, i tartufi neri, i legumi e le verdure: il sedano nero di Trevi, le patate rosse di Colfiorito e, appunto, le cipolle rosse di Cannara. Cibo povero per eccellenza, le cipolle non a caso si sono indissolubilmente legate al nome di questa cittadina. Le terre di Cannara, infatti, sono quel che rimane di antiche paludi (Cannara deriva appunto da “canne”) e, insieme al clima di questa zona, offrono il binomio ideale per la coltivazione della cipolla: terreno sabbioso e umidità. Non ci sono soltanto le rosse: si seminano anche le dorate e le borrettane, ma soltanto le rosse sono così dolci e digeribili, buone anche da mangiare crude. Tondeggianti, con la buccia rosso intenso e la polpa bianco ramato, le cipolle rosse sono l’orgoglio degli abitanti di Cannara. La coltivazione è completamente manuale. Si seminano a febbraio, si zappetta regolarmente il terreno e si innaffiano ogni sette, otto giorni. Alla fine di luglio si raccolgono e si stendono in un campo ad asciugare. Con sette, otto cipolle si fa una treccia, con 25 o 30 teste si fa un mazzocco. E poi, trecce e mazzocchi (mazzi) si portano alle fiere: la festa della cipolla a Cannara (nelle prime due settimane di settembre) ma anche le fiere di Spoleto, Foligno, Assisi.

A tavola
La rossa di Cannara è protagonista del ricettario locale, dalle zuppe alla cipollata (un antipasto povero della tradizione contadina a base di cipolle, uova e pomodoro). Particolarmente dolce e digeribile, è ottima cruda, in insalata, condita semplicemente con olio di oliva e sale, ma accompagna bene le carni dal gustoforte e un po’ selvatico. Proprio grazie alla straordinaria dolcezza è ottima con il fegato, con la coratella di agnello e – servita
in composta – con il fois gras.