Mentre la Francia e la Germania coltivavano le liriche di contenuto amoroso, nel XIII secolo l’Umbria contribuiva alla ricchezza della tradizione musicale italiana con le laude, le canzoni religiose non ufficializzate dalla chiesa romana e nata da quella religiosità popolare che si venne a creare in Italia centrale. La facile diffusione di questo componimento era dovuta, in gran parte, alla stretta relazione strutturale esistente tra melodia e testo. La linea evolutiva storico-musicale si può far risalire già al tempo delle confraternite anteriore secolo XIII che tentavano timidamente di integrare gli uffici ecclesiastici con dei canti aperti ad una minima partecipazione popolare: questi componimenti, scritti in latino e con alcune inflessioni nel volgare primitivo, avevano una melodia fatta di brevi periodi ripetuti uno per volta al modo della litania, o a coppie come la sequenza. Nel secolo XIII, invece, la lauda si delinea in una forma rinnovata, imperniata sull’ uso del volgare, nella lingua e nella melodia.Ad Assisi si conserva un manoscritto del Cantico delle Creature di San Francesco: esso riporta uno spazio bianco per la trascrizione in neumi – la notazione musicale medievale – della melodia che presumibilmente accompagnava il testo.

Purtroppo questo spazio bianco non fu compilato, impedendoci così di venire a conoscenza di una possibile ed antica testimonianza di composizione medievale. E’ comunque certo che dobbiamo a San Francesco l’esempio originario di lirica religiosa in volgare. Egli riuscì, primo fra tutti, ad esprimere l’amore verso Dio in una lingua ed in una melodia diverse da quelle millenarie della Chiesa cattolica. Dopo il 1260, in quelle confraternite che erano riuscite ad istituzionalizzarsi, la lauda assunse un preciso ruolo di oggetto artistico, oltre che di primaria forma di canto sacro. I Disciplinati, che accoglievano tra le loro fila numerosi e ricchi borghesi, tendevano a rendere questo componimento interprete della vita e dei sentimenti quotidiani con un testo ed una melodia limpidissimi. E’ per questo motivo che la lauda si appropria del metro in sestine di ottonari proprio della ballata profana e cerca di fissarlo definitivamente con uno schema melodico tripartito: una “ripresa”, una “stanza” ed una “volta” seguita dalla ripetizione della “ripresa”. In una struttura di questo tipo, gli elementi melodici variavano per numero e disposizione, con un impiego del ritmo solitamente binario. Se Assisi assiste alla netta divisione tra canto sacro e liturgia canonica, operata da San Francesco con il suo Cantico, Todi ospita la figura di Jacopone, poeta abilissimo nell’improvvisazione di rime dalle tinte drammatiche.

Nei Fioretti si legge che San Francesco viaggiava per l’Umbria e le Marche cantando e lodando il Signore, e che nelle numerose prediche ordinava ai suoi seguaci di essere allo stesso modo portatori convincenti del messaggio divino tanquam joculatores Domini (come giullari di Dio) per persuadere, con il suono e con il ritmo, il popolo alla devozione cristiana. Anche dai biografi di Francesco e dei suoi frati veniamo a sapere che: “Non andavano a predicare, ma… andarono come rondini a primavera… e… Francesco cantava in francese, lodando e benedicendo il Signore…”. A proposito dell’immediata fama che raggiunse Francesco, questa è testimoniata in alcune laudi iniziali e finali tratte dal Laudario di Cortona, codice medievale risalente alla metà del 1200, in cui la figura del fraticello era cantata dalle confraternite di laici alle quali egli stesso, con la sua spiritualità, aveva dato una spinta importante per l’evolversi di queste forme di canto e preghiera. Dopo la fioritura della musica profana, prettamente popolare, nel secolo XIV la musica colta rinasce con l’aiuto della polifonia, ossia il canto a più voci. Si abbandonarono gli unisoni gregoriani per dare spazio alle differenziazioni timbriche esistenti tra i cantori di diverso sesso ed età.