A circa 16 chilometri da Perugia, vicino alla provinciale che sale verso Gubbio, nelle vicinanze di Piccione, ai piedi delle colline boscose, davanti al Convento di Farneto si trova l’Abbazia di San Giustino d’Arna.

L’Abbazia di San Giustino è detto d’Arna, perchè vi scorre il torrente omonimo, che domina tutti i luoghi della sua valle. 
Un po’ di storia

…”Dal 1283 al 1303 la Domus di San Giustino venne sottratta con la violenza all’ordine militare del tempio, per passare ai Gerosolimitani nell’aprile del 1316. A tale proposito, per amore di verità, sarebbe interessante approfondire la ricerca dei rapporti che all’epoca intercorrevano tra i templari di San Giustino ed il Monastero in questione. Purtroppo essendo caduta l’Abbazia di Santa Maria di Valdiponte, circa nella metà del secolo decimo quinto, al pari di altri monasteri d’Italia, miseramente, nelle mani «de’ Commendatari» e, nel secolo seguente, dai primi abati Commendatari, a quelli della nobile famiglia Cesi, non v’è dubbio che i monaci, costretti ad abbandonare il Monastero, durante il trasferimento nelle parrocchie, abbiano portato con loro parte dei documenti e che la nobile famiglia dei Commendatari, per arricchire la biblioteca domestica, ne abbia fatto incetta. Pertanto demanderemo l’argomento (che suscita ancora la nostra curiosità) sui rapporti possibili tra i monaci valpontensi e gli ordini monastico – militari, a studiosi di maggiore spessore quale il Tommasi con riferimenti alla sua opera L’ordine dei Templari a Perugia, che tratta di una domus costruita presso l’ex monastero benedettino di S. Giustino d’Arna.
Qui si legge che il 9 dicembre 1237 Gregorio IX dava mandato di costituire il templare frate Aimerico procuratore di S. Giustino; ed ancora, che alle due domus iniziali del monastero di S. Giustino e la chiesa di S. Gerolamo si aggiungeva la chiesa di S.Bevignate (costruita tra il 1256 ed il 1260). La domus di S. Giustino, come già
superiormente riportato, dal 1283 al 1303 venne sottratta con la violenza all’ordine militare del tempio per passare ai Gerosolimitani nell’aprile del 1316. Ma la storia, che s’intreccia di aspetti curiosi, ci consente di osservare come, nell’evolversi degli avvenimenti di cui sopra, tra il 1349 ed il 1389, fuoriesca dall’ingarbugliata vicenda l’abate valpontense Paolo. Questi ricevette dal commendatario l’incarico di rivendicare i diritti sull’Abbazia di S. Giustino. Egli, come vicario generale, riuscì a redimere le questioni fra i monaci del monastero, i cavalieri Gerosolimitani ed il vescovo di Perugia, che aveva usurpato la giurisdizione sulle chiese unite dell’Abbazia di S.Maria di Valdiponte, su quella di S. Giustino e di S. Stefano in Arcellis a Valfabbrica. Quindi la chiesa di S. Giustino, ex monastero benedettino, ritorna sotto la tutela della vecchia matrice.” 
 
L’Architettura

Del complesso antico monastero, oggi resta soltanto la suggestiva chiesa romanica, di pietra squadrata, ristrutturata nel 1933. Si presenta come era all’origine, con un portale ad arco acuto, oculo rotondo, unica nave nella parte anteriore, con tetto a capriate e presbiterio rialzato a cui si accede per due rampe di scale parallele, terminante in un abside su cui si apre una finestrella; è a due navate e doppia abside separate da quella maggiore, da due archi sorretti da una colonna isolata e terminanti, l’uno all’intersezione delle absidi su una colonna addossata alla parete, l’altro poggia direttamente alla parete meridionale della chiesa, lungo quest’ultimo proseguono due archi ciechi.
 
Sull’altare di pietra serena sagomato ad anse rientranti, dentro un’urna è conservata una reliquia del santo, raffigurato nel muro accanto in un bellissimo affresco di scuola umbra, in bianca veste, come i camaldolesi e con la macina al collo con cui fu affogato nel Tevere. Controversa, tuttavia, rimane ancora l’identità del santo: c’è chi lo crede un presbitero martirizzato sotto l’imperatore Decio, a.249-250, quando i Cristiani rimasero fedeli a Cristo, quantunque  minacciati di morte e della confisca dei beni, c’è chi lo pensa un monaco benedettino, e nemmeno è da confondersi con San Giustino martire venerato nel paese omonimo, presso Città di Castello,che abbandonò gli studi filosofici e si convertì al Cristianesimo all’epoca degli imperatori Antonino Pio e Marco Aurelio – 138-180 -, ad essi al Senato ed al popolo romano scrisse apologie per dimostrare la bellezza della dottrina cristiana e la lealtà stessa dei cristiani.
Riprendendo la descrizione della chiesa, osserviamo che tra le scale, che conducono al presbiterio, al centro vi è anche l’entrata alla cripta che è costituita da un vasto e   basso ambiente illuminato ad est da una finestrella, dove due tozze colonne con capitelli finemente scolpiti con fogliami e simboli, croci ed altri reggono i larghi archi delimitanti sei campatelle coperte a crociera.
Tre absidi di poco profonde concludono l’ambiente. Particolarmente interessante è l’esterno dell’abside della chiesa: è infatti a due ordini di archetti – motivo che è frequente nel romanico – con esili colonnine scanalate e in cima il bizzarro campaniletto a ventaglia. L’insieme conferisce una spiccata grazia a questo bellissimo monumento: è una perla poco conosciuta. Coronano l’abside alcuni cipressi.
L’abbazia di San Giustino, contemporanea a quella di Montelabate, toccò il suo splendore nel XII secolo.
 
Con quella di Montelabate era in lite per il possesso del colle di Farneto. Un giorno del 1218, l’Abate di San Giustino si recava a Montelabate per cercare di derimere la lite, quando incontrò San Francesco: si raccomandò alle sue preghiere; il santo si pose in ginocchio e pregò per lui, l’abate, che era partito provò tanta dolcezza in cuore, tornò indietro e regalò al santo il colle del Farneto. La cosa venne accettata anche dall’Abate di Montelabate e quindi tornò la pace. Quando il monastero andò in rovina – sec. XV – e la chiesa restò senza culto, le reliquie del santo titolare furono portate a Farneto.