I PROTAGONISTI DELLA MINIATURA DUGENTESCA:
ODERISI DA GUBBIO
E FRANCO BOLOGNESE

 di Giovanni Fallani
estratto da ” Studi Danteschi”, vol. XLVIII, 1971 Sansoni Editore

“Oh!”, diss’io lui, “non se’ tu Oderisi,
l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte
ch’alluminar chiamata è in Parisi?”
“Frate”, diss’elli, “più ridon le carte
che pennelleggia Franco Bolognese.
(DAL “PURGATORIO” DI DANTE ALIGHIERI CANTO XI – 79-83)

La citazione dantesca, nel canto XI del Purgatorio, che associa nello stesso quadro compositivo i minatori, i pittori, i poeti muove dal valore cha l’Alighieri attribuiva agli artefici dell’opera d’arte. Ci dev’essere stato un contatto del poeta con gli “scriptoria”, certamente a Firenze e a Bologna, se teniamo conto dei vari aspetti che tutto il mondo artistico rivelava nella sua divulgazione, in quelgi anni di persistenti tradizioni bizantine e di rinnovamento. (…)
La testimonianza dantesca appartiene, al convincimento che l’evoluzione spirituale in atto si registra, fuori dell’astratto tecnicismo, con il succedersi delle forme che differenziano, anche a brevi distanze, le singole generazioni. Dante avverte che esistono affinità e analogie nel trapasso delle arti protese verso aspirazioni nuove, consone alla società del tempo. Non è stato messo in luce come di dovere, chi e quali fossero le persone religiose e laiche che Dante poté conoscere nell’adolescenza e nella giovinezza fiorentina, addette allo “scripotrium” e all’arte del minio.
Non si va lontani dal vero, sostando a S. Maria Novella, attivo centro domenicano di scrittori calligrafi e di miniatori. (…)
I coetanei di Dante, negli anni in cui il poeta frequentò “le scuole de li religiosi e le disputazioni de li filosofanti” (Conv. III, XII, 7).
Il gruppo dei Corali domenicani dell’Italia centrale, quelli di S. Jacopo di Ripoli, di S. Domenico di Bologna, di S. Domenico di Gubbio, di S. Domenico di Perugia, di S. Romano di Lucca, il Graduale e l’Antifonario n. 354 della Biblioteca Universitaria di Messina, appartengono ai Codici del Duecento e del primo Trecento. (…)
Nonostante il tempo, ci appaiono tuttora nella loro primitiva bellezza: sono elaborati in scrittura gotica toscana con miniature, in genere bizantineggianti, e con influssi evidenti dell’arte romanica. (…)

ALLA RICERCA DI UNA IDENTITÀ
Ci chiediamo se sia possibile muoverci, ora, in una direzione precisa in mezzo ai manoscritti e alle figurazioni, per trovare due regioni definibili, l’una come zona di Oderisi, l’altra come zona di Franco Bolognese. Dei codici conosciamo spesso il nome del calligrafo, quello del miniatore è meno noto, a meno che non si abbiano i registri di pagamento come avviene per i primi vent’anni del Trecento per la cerchia di S. Maria Novella. (…)
La Bibbia Lat. N. 22 della Bibl. Naz. di Parigi fu scritta da Cardinale e Rugerino da Forlì per Frédol de Saint-Bonnet, canonico magalomense, e poi vescovo di Puy nel 1284; Paolo di Giacomino dell’Avvocato, miniatore, è citato in alcuni documenti, come testimone insieme ad Oderisi, e il padre dello stesso Oderisi: Guido era miniatore.(…)

CARATTERISTICHE DI FRANCO BOLOGNESE (…)
I versi danteschi dicono che le miniature di Franco “ridono” e che il disegno ha una sua scioltezza al pari del colore: “Pennelleggia”, mentre tutto questo si avverte molto meno in Oderisi. (…)

LA DIFFERENZA CON IL BOLOGNA
Oderisi, nel celebrare così altamente il rivale, fa capire che quelle doti non erano le sue, che egli aveva seguito una scuola di tradizione bizantina e si era mantenuto fedele ai canoni della miniatura bolognese, senza le ulteriori ricerche sui modi della cultura francese. (…)
Giorgio Castelfranco mi fece conoscere i suoi studi sui codici eugubini per comprendere la maniera di Oderisi e mi portò quasi per mano (…) per aggiornare l’ipotesi e le notizie sopra questi sei corali miniati certamente dugenteschi – sono da scartare altri cinque che non fanno parte dell’età oderisiana – esistenti all’Archivio di Stato di Gubbio. (…)

LO STILE ODERISI
E’ plausibile che questi codici costituiscano insieme la maniera e la scuola di Oderisi: alcune miniature hanno uno scatto ed una forza di stile da farci sentire la supremazia di un artista che per colori e immagini, esprime un “visibile parlare. Questo materiale miniatorio s’impone per un impianto ornamenale costante e per un modulo figurale di tipo bizantino, con qualche accento popolaresco: ci colpisce la sua schietta e vivificante pagina e l’eleganza decorativa, in accordo al pathos delle figure e alle sagome degli ambienti. (…)

DUE ZONE
A noi sembra, in conclusione, che ci si possa orientare nella determinazione di due zone o maniere. In quella di Oderisi riteniamo che possano figurare: i codici eugubini, la Bibbia (Vat. Lat. n. 20) e, forse, il Salterio 346 dell’Università di Bologna, in quella di Franco la Bibbia di Parigi, la Bibbia della Malatestiana di Cesena e, forse l’Exultet (b.78) dell’Archivio di S. Pietro, ora alla Biblioteca Vaticana. (…)

CORALI EUGUBINI (ODERISI)
I Corali eugubini hanno precedenti nell’iconografia bizantina e ne riflettono il clima: se ravvisiamo, inoltre, un timbro romanico e rapporti con la pittura murale, ciò è dovuto al desiderio dell’autore di emulare il sacro, visibile nelle chiese, e al bisogno di restare dentro certi canoni di osservanza per la comunità conventuale, a cui i libri dovevano servire durante la funzione liturgica e che controllava, più di quanto non s’immagini, la fedeltà o meno alla tradizione e alla teogolgia di tali interventi.
Il cromatismo acceso, in accordo con gli ornati della pagina e la figurazione narrativa, rivela la fantasia del decoratore e la sua cultura, che si scopre a cominciare dalle cornicie dai fregi prescelti per definire l’episodio sul fondo, generalmente di una tonalità netta in azzurro cupo, in uno o due campi è diviso sovente lo svolgimento del tema, più in basso la parte umana, in alto quella propria del Cristo e del mondo soprannaturale.
Per tutta l’ampiezza della miniatura il disegno e le figure tendono a toccare i bordi esterni.
Le volute tondeggianti, le piccole o grandi foglie che raggiungono un colore verdastro metallico, il modo di punteggiare in bianco le piccole croci ornamentali, il risalto dei volti e delle vesti, gli atteggiamenti dei personaggi, il ricorso frequente a un solido modellato di elementi architettonici ci fanno sentire che siamo dinanzi a un linguaggio d’arte controllato, come si addice, riteniamo, alla zona Oderisi. (…)


SI OBLITUS FUERO TUI IERUSALEM

(vedi immagine a lato)

A commento del Salmo: “Super flumina Babylonis”, e precisamente al versetto:
Si oblituts fuero tui Jerusalem”,
s’innalza un minareto, dove figurano due trombettieri, il re e i suoi consiglieri, nell’ansa della “S” ci sono i deportati della Palestina, che siedono sulle rive del fiume e piangono ricordando il tempio e la città di Sion.

Lo stupendo minio ha una larghezza d’impianto, la composizione è giusta di misura e si svolge ritmata nello scomparto, la chiarezza del colore s’impone nella dosatura sapiente dei passaggi tonali. (…)

IL DOCUMENTO PIÙ ALTO DI ODERISI
La Bibbia ms. lat. 20 della Biblioteca Apostolica Vaticana ci sembra il documento più alto che si possa citare per Oderisi, o la sua maniera: vi è l’arte esimia di un artista, in cui confluiscono varie esperienze risolte in unità di stile. Il sacro si identifica con gli schemi bizantini, intesi liberamente, in quanto nel canone consueto compaiono improvvise scelte di carattere fantastico e popolare, colte dal vero. Per un artista proveniente dal mondo umbro, il francescano è il tipo che maggiormente impersona l’ideale religioso. (…)
Dalle Bibbie del tempo carolingio a questa vaticana, c’è tutto un cammino che spiega i tempi e le condizioni della nostra cultura, ma in questa cosidetta arte minore, proprio nella miniatura, esercitata spesso da artisti che dipingevano poi nei conventi, nelle sale dei comuni, nelle chiese, ritroviamo l’eco delle aspirazioni più grandi, come nella Tav. XX, sempre del citato ms. lat. 20, in cui l’artista quale esordio alla I Lettera ai Corinti – molto significativa l’iconografia di S. Paolo – si è abbandonato al godimento di creare un suo campanile e una chiesa. Basterebbe raccogliere le figure slanciate, miniate con finezza, per avere un quadro della partecipazione popolare, che l’artista ha inteso dare, nello svolgimento del più alto discorso sacro sul Vecchio e sul Nuovo Testamento. (…)