Isabella della Ragione si alza ogni giorno di buon mattino nella sua casa di Perugia e percorre in auto i 60 chilometri che la separano dal suo posto di lavoro a cielo aperto: il “giardino degli alberi perduti” – come è stato definito – a San Lorenzo di Lerchi, non lontano da Città di Castello. Più che di un lavoro si tratta di una missione, un “vizio” di famiglia che si affianca alla sua professione di agronoma. Seguendo le orme del padre Livio, Isabella cerca di salvare le antiche varietà di alberi da frutto a rischio di estinzione, dando loro rifugio nel suo giardino sulle colline umbre.

“Quando nel 1961 mio padre ha acquistato questa antica proprietà abbandonata, gli davano tutti del matto”, spiega Isabella. Poi la curiosità e l’amore per  i “frutti orfani” ha conquistato anche lei e il risultato è un angolo di paradiso incontaminato con una collezione di 400 alberi da frutto, un casolare del Seicento con una piccola chiesa annessa, una foresteria dal romantico nome di “casina degli sposi” e un’associazione che consente ai suoi membri di adottare le piante del giardino. “Sono circa 25 anni che portiamo avanti questa ricerca sulle antiche varietà di piante da frutto nei territori dell’Alta Valle del Tevere che si trovano in Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Lazio”, sottolinea Isabella, “il nostro scopo è salvare quelle in pericolo. Oggi si coltivano pochissimi frutti, ma in passato erano decine per ogni tipo. Piante uniche adattate a severe condizioni climatiche o suoli particolari. Abbiamo trovato alcuni di questi alberi nei poderi di vecchi agricoltori, nei giardini di ville padronali, negli orti dei monasteri. Purtroppo, in alcune occasioni siamo arrivati troppo tardi e abbiamo visto sparire per sempre molte varietà”.

Ed è grazie a tale straordinaria dedizione che abbiamo il privilegio di ammirare e gustare la ciliegia limona, di colore bianco ma dolce e buona come quella rossa, la pera ghiacciola, la pera di burro, la mela ciucca, la mela rosa in pietra, il fico gigante di Marinello ma anche il fico cuore, il fico melanzana, il fico gentile giallo, il fico permaloso… Oggi le nostre tavole sono ben più misere, le varietà in commercio per ogni tipo si contano sulle dita di una mano, i nomi fiabeschi di questi frutti sono destinati all’oblio e i nostri sensi all’intorpidimento, giorno dopo giorno. La ricerca di Livio e Isabella ha avuto fin dall’inizio una forte connotazione sociale. E’ attraverso le tradizioni, le credenze e le storie degli anziani che padre e figlia hanno fatto le scoperte più entusiasmanti. Un’ instancabile ricerca su vecchi manuali d’agricoltura, testi letterari, antiche tele dipinte trovava magicamente corrispondenza in un piccolo albero sopravvissuto nel podere di qualche conoscente. Il podere di Isabella è quasi sempre visitabile su prenotazione. I “frutti orfani” si possono anche adottare versando una quota unica di sostegno per entrare a far parte dell’associazione Archeologia arborea. I soci possono scegliere una pianta della collezione con diritto sul raccolto. L’unico onere è farle visita almeno una volta all’anno portando un dono simbolico: ben poca cosa rispetto al piacere di avere a disposizione un autentico reperto archeologico vegetale.


Francesco Tomasinelli

Da “Speciale Qui Touring” , n. 35, 2009