L’umile frate, elevato poi alla dignità episcopale, aprì otto secoli orsono nuovi orizzonti e nuove conoscenze sul misterioso Oriente per i cultori della storia, della geografia e dell’ambiente.
Otto secoli orsono, intorno al 1200 (non è dato conoscere con esattezza la data di nascita) la terra umbra dette i natali a Frà Giovanni da Pian di Carpine, località a circa venti chilometri da Perugia, ai piedi della collina ove sorge l’attuale Magione.
Di umile famiglia visse, sin da fanciullo, su questo verde pianoro cinto da ombrosi carpini, conducendo al pascolo come scrive lo storico Ponti – gli armenti.
Dai dati che si hanno sulla sua vita si apprende che ebbe una mente non comune e che compì degli studi molto impegnativi prima di entrare, quale discepolo di San Francesco di Assisi, nell’Ordine dei Minori conventuali.
Con le sue dettagliate relazioni dei viaggi, racchiuse nella preziosa “Historia Mongalorum”, il più antico documento pervenutoci sulle terre e sui popoli dell’Asia centrale, Fra Giovanni da Pian di Carpine fu precursore di Marco Polo che, solo dopo diversi anni, avrebbe compiuto in quei paesi asiatici, riportandone impressioni che descrisse nella sua opera 11 “Milione”.
Le umili origini di Frà Giovanni, il povero territorio in cui visse nulla tolgono alla fama ed alla grandezza dell’intrepido viaggiatore e dell’uomo di fede. Il francescano umbro fu tra i primi immediati discepoli di San Francesco di Assisi che, forse, lo conquistò nelle sue predicazioni a Perugia e Gubbio, attraversando il Pian di Carpine, si dirigeva all’Isola Maggiore del Lago Trasimeno.
Il 30 maggio del 1221 il Poverello di Assisi convocò il Capitolo generale alla Porziuncola e, in tale occasione, Frà Giovanni fu prescelto a far parte dei “predicatori insigni” i quali, guidati da Cesario da Spira, di origine tedesca, avevano il compito di propagare il francescanesimo in terra di Germania.
Frà Giovanni partì in agosto ed ebbe assegnate le città di Magonza, Spira, Colonia e Worms. Nel 1224 venne a Colonia e quattro anni dopo ricoprì la carica di Provinciale di Germania, nel corso della quale ingrandì il Convento di Metz e restituì l’Ordine in Lotaringia, inviando quindi missionari in Boemia, Ungheria, Danimarca e Norvegia.
Erano anni molto difficili per l’Europa ove i popoli mongoli commettevano barbarie e stragi: la stessa Cina, fin dal 246 a.C., fu costretta ad erigere la famosa ed inespugnabile muraglia allo scopo di ostacolare e frenare le continue invasioni. Dinanzi al dilagare di questi popoli barbari che avevano occupato i territori della Russia, della Polonia e dell’Ungheria, il Pontefice Innocenzo IV pensò di intervenire per difendere la Cristianità da tali costanti minacce: nel Concilio ecumenico di Lione del 1245 decise pertanto l’invio di due “ambascerie” all’imperatore mongolo, una composta di cinque frati domenicani e una di tre francescani e cioè Benedetto di Polonia, Stefano di Boemia e Frà Giovanni da Pian di Carpine.
La missione di Frà Giovanni fu veramente radiosa ed eroica ed il suo nome passò alla storia per i secoli: lasciò Lione il 16 aprile del 1245 (come descrive nella sua relazione di viaggio “Historia Mongolorui”), iniziando l’itinerario verso la capitale tartara (Karakorum), che raggiunse il 22 luglio dell’anno successivo, attraversando un mondo completamente sconosciuto in quanto non esistevano allora carta geografica o mezzi di comunicazione.
Dopo inenarrabili stenti giunse alla Corte dell’Imperatore Gengis Khan che, nel frattempo, era deceduto, per cui fu necessario attendere un mese per l’incoronazione del successore, il figlio Cuinè, feroce non meno del padre, al quale Frà Giovanni presentò le credenziali ed il messaggio del Papa.
Cuinè, all’invito di Innocenzo IV di pace e giustizia, replicò in termini duri e con tono altezzoso, Risposta brusca e di sfida, quindi, ben lontana dalla versione come Innocenzo IV auspicava. Frà Giovanni ritornò a Lione nell’ottobre del 1247, dopo oltre due anni di assenza ma nello stesso anno nelle diocesi di Antivari e di Ragusa, sulla costa dalmata, erano scoppiati gravi disordini per cui il Papa nominò Vescovo di Antivari il francescano umbro che morì, lontano dalla sua terra il 1 agosto 1252.
Frà Giovanni da Pian di Carpine lasciò una dettagliata relazione del suo lungo, avventuroso e tormentato viaggio, la “Storia dei Mongoli” che rappresenta il più antico dei documenti compilati da un europeo con riferimenti alle geografia ed all’Asia centrale.
Due, esattamente, sono le relazioni scritte durante le pause del lungo itinerario, per lo più compiuto con cavalli, cammelli e muli. I manoscritti del primo gruppo sono conservati al British Museum, due nella Biblioteca Palatina di Vienna, due nella Biblioteca nazionale di Parigi, uno nella Biblioteca nazionale di Torino. Quelli appartenenti al secondo gruppo sono nelle Biblioteche dell’Università di Leida, del College di Cambridge, di Hannover e ai Deventer.
Frà Giovanni da Pian di Carpine volle adempiere il suo incarico in nome di una fede che sentiva nel profondo ed in favore dell’umanità minacciate di stragi e rovine e constatando gli orrori, i crimini e gli eccidi perpretati dai Mongoli.
Per tali motivi volle raccogliere affermazioni e notizie, offrendo suggerimenti utili per combattere i popoli invasori, esortando le menti dei potenti europei a difendere il Cristianesimo da altre dottrine.
Nessuno, fino a quei tempi ci era riuscito a raggiungere terre così lontane e Frà Giovanni assolse l’arduo compito per salvare la civiltà europea, ai suoi albori, dalla minaccia delle tribù nomadi. Uomo pacifico e saggio, pronto ad affrontare disagi e difficoltà di ogni natura, dimostrò magnanimità e forza d’animo sostenuto da una fede incrollabile.