Palazzo del Capitano, detto anche del Podestà. 

Questo è uno degli edifici più interessanti del XII secolo. 
L’architetto Buono attivo in chiese e palazzi di tutta Italia (Venezia il campanile di S.Marco; Pistoia) potrebbe (secondo il Conte Piccolomini) aver realizzato il Palazzo Apostolico, detto poi del Capitano, costruito nel 1154, sotto i Pontefici Anastasio IV e Adriano IV. Eretto a Palazzo Apostolico presso S.Bernardo dal Pontefice Adriano IV nel 1156 è andato bruciato nelle guerre civili, fu restaurato da Alessandro IV nel 1255 e servì da residenza del Podestà, poi del Capitano del Popolo. 
Basato su cinque solide arcate, mostra una facciata semplice, ma con il grandioso stile del XII secolo. Gli archi a tutto sesto servivano a quei tempi d’ingresso ad una sala bassa ed aperta, o per il mercato, o per riunioni del comune ad uso di logge. La scala che conduceva al primo piano era innalzata al di fuori della tribuna, o terrazzo, da cui il magistrato arringava il popolo, entrambi furono coperti nel 1472. Il piano superiore, benché di un solo getto di elevazione, si divide in due parti, la principale ha sei finestre, quattro colonnette dividono i vani in tre scompartimenti uguali, accoppiate due a due servono di peduccio ad archi leggermente gotici, hanno una cornice modanata a cordone che si prolunga lungo i loro stipiti. Due rose a traforo ornano la parte piana dell’arco comune, contornata da una leggiadra scacchiera, decorazione di gusto semplice e maestoso. 
Al di sopra sono poste altre sei finestre più piccole a tutto sesto, ed un attico sovrapposto alle grandi sale. Segue una cornice sporgente, sulla quale si ergono i merli guelfi lavorati. All’inizio del XVII secolo l’Accademia de’ Nobili, detta della Fenice, poi de’ Confusi, vi costruì un teatro in legno su disegno dell’architetto Sforzino da Todi, dipinto dal Riccioloni della stessa città. Intitolato della Fenice, fu aperto alla venuta in Orvieto della Regina Cristina Alessandra di Svezia, nominata il 4 marzo 1680Protettrice del nuovo Teatro.
La Piazza del Popolofatta nel 1281 per dare agli orvietani un luogo in cui riunirsi, su iniziativa del più celebre Capitano del Popolo, Neri della Greca, fu ottenuta distruggendo case di privati davanti al palazzo divenuto allora Palazzo del Popolo. Il nome doveva significare che il Comune era ben altra cosa dal popolo e che i Signori Sette (scelti fra i Consoli delle Arti) governavano il Comune non per antico diritto, ma per legittima conquista popolare. Il Palazzo del Capitano del Popolo, sorto come palazzo papale circa nel 1157 mostra trifore elegantissime a tutto sesto. Le finestre sono incorniciate da una larga fascia a scacchiera, formata di dadi rilevati e abbassati nel tufo, e tra gli archetti ed il grande arco si inseriscono rose intagliate e traforate, ma non lobate, mentre la corda, le conchiglie a dorso e le forti cornici a sagome leggiadrissime vengono usate con fine discernimento nella decorazione delle finestre stesse e del muro.  
L’antico palazzo, formato di una loggia aperta al pianterreno e di un salone soltanto al primo piano, concesso dalla Chiesa al Comune popolare, diventa sede del Capitano del Popolo. 
Per renderlo abitabile nel 1280, sul lato orientale, sopra alla grande scala trionfale, che saliva da settentrione verso mezzogiorno, fu costruita una saletta o caminata, seguendo all’esterno il motivo delle trifore a tutto sesto della sala grande; ma lo stile romanico non era più sentito e si acuteggiarono gli archi, e la corda, elemento decorativo, fu usata senza gusto e discernimento.
Una torre per la Campana del Popolo veniva aggiunta nel 1280 all’estremo limite orientale del palazzo, al di là della nuova saletta, nel 1316 la campana venne fusa sotto la capitaneria di Poncello Orsini e le furono impresse in cerchio, nel bordo inferiore, le insegne del Capitano e i sigilli delle ventiquattro arti che allora reggevano il Comune Popolare. La campana, che chiamava il popolo ai consigli, tolta dal torrione,  nel 1876 fu destinata a suonare le ore sulla Torre del Moro.
Nel 1301 la scala, già rifatta a ponente, fu ridotta alla forma attuale, e, chiuse le arcate della loggia al pianterreno, si aprirono i due archi acuti sull’ingresso e sull’uscita dell’Arco della Pesa, entrambe di falsa impostatura, opera di restauro. Nel 1480, poiché pericolanti, furono abbattuti i grandi archi romanici che sostenevano il tetto nel salone del Capitano del Popolo, ch’era divenuto sede del Podestà e vi fu ricostruito un rozzissimo tetto a capriate.
Fin dal 1543 il Comune sussidiava cittadini che recitassero in pubblico commedie ed ebbe un suo teatro nel Palazzo del Popolo (1572, 1580, 1607, 1610), che di volta in volta veniva rabecciato.
Dalla prima metà del XVII secolo l’Accademia dei Giovani recitava commedie nella sala maggiore del Palazzo del Popolo, nelle stanze terrene si insegnava Teologia, in quelle aule, al suono della vecchia Campana del Popolo, due volte al giorno si radunavano numerosi giovani orvietani per ascoltare i primi elementi del diritto da giuristi. L’Accademia dei Giovani forse portava anche il nome di Scemi o Confusi ed animava con proprie recite ed esecuzioni musicali il Teatro del Palazzo del Popolo nel Carnevale, nelle feste del Corporale e di Mezzo Agosto. Nel 1680 si rinnovava sotto il nome di Accademia dei Misti, ingrandiva il teatro e offriva la protezione dell’Accademia a Cristina di Svezia, prendendo per insegna due palme intrecciate (due fenici), in omaggio alla regina stessa, che aveva quelle piante nel suo stemma. 
Nel 1640 viene rinnovato il teatro dell’Accademia nel Palazzo del Popolo su disegno e modello del Capitano Francesco Monaldeschi; fu poi rinnovato e ampliato, abbattendo il muro divisorio tra la sala e la saletta su disegni di Francesco Sforzini di Todi e pitture di Luca Danielli quando l’Accademia si rinnovava col nome di Accademia dei Misti o della Fenice, sotto la guida di Paolo Antonio Monaldeschi.
Nel 1789-1790 l’Arco della Pesa, sotto il Palazzo del Popolo, era in parte caduto e minacciava rovina, allora furono ricostruiti i due archi gotici del sottopassaggio, che poggiano entrambi in falso. Maestro Puccio da Perugia e Cola “Profecti” avevano realizzato un affresco, andato perduto, per ricordare la pace dei Montemarte coi Monaldeschi (1330). I Vicari dal 1398 al 1408 e i Podestà dal 1409, risiedettero nel Palazzo del Popolo, e nel salone, vicino ad affreschi più antichi (un Crocifisso della metà del XIV secolo e un San Giovanni Battista della fine del XIV secolo sulla parete occidentale) furono dipinte le insegne onorarie concesse a Vicari e Podestà insieme ai rispettivi stemmi. Sulla parete occidentale si vedono le armi di Andrea di Benedetto degli Avvocati di Tivoli (Podestà nel 1423), di Pietro di Spoleto dei Conti di Campello (Vicario e Podestà nel 1401), e quelle di Verrocchio di Giorgio dei Panalfini di Orte (Vicario nel 1400); sulla parete settentrionale, vicino ad un caratteristico grifo a testa umana di prospetto, sono dipinte le armi di Giangiorgio dei Tiberti di Monteleone (Podestà nel 1422) e altre imprese e stemmi tra cui i Colonna, i Monaldeschi e un frammento di una Vergine col Bambino della seconda metà del XV secolo. 
Gli affreschi della Pietà con ai lati Santi e devoti, in rovina sulle due arcate sotto la loggia del Palazzo del Popolo che dopo il 1651, servirono da ingressi al Monte Pio e al Monte Frumentario. Stemmi rilevati in marmo, in pietra e in coccio si trovano sulla terrazza e su un pilastro del 1472 del Palazzo del Popolo. Nel 1250 fu creato ad Orvieto, contemporaneamente a Firenze, il primo Capitano del Popolo, una nuova figura che si affiancò a quella dei Consoli e del Podestà nel governo dello Stato, e che non appena ebbe peso politico ottenne una sede in cui esercitarlo il Palazzo del Popolo. 
Nell’ultimo quarto del XIII secolo, quando si attuava nella città l’ultima significativa ristrutturazione, venne eretto il palazzo, demolendo case e torri per liberare spazio anche per la piazza, la più grande e la più centrale nella gerarchia urbana. L’edificio, concepito all’inizio con una loggia porticata e un sovrastante salone, subì varianti: l’ampliamento verso la torre e il definitivo posizionamento dello scalone d’accesso. Nei primi anni del Trecento era già completato e nel 1316 Poncello Orsini, Capitano del Popolo, fece fondere e issare sulla torre la campana con i simboli delle Arti. Sul modello dei broletti, il palazzo fu costruito con tecniche e materiali propri dell’architettura orvietana: anche le trifore del luminoso salone delle assemblee popolari – dove è visibile parte degli affreschi originali- rispondono a canoni medievali diffusi, ma presentano dettagli decorativi elaborati localmente. In seguito sede temporanea del Podestà e del Governatore, subì vari interventi di manutenzione ordinaria (1480 vengono abbattuti gli archi del salone superiore per rifare il tetto a capriate) e straordinaria anche per le diverse funzioni che man mano assumeva, finché nel XVII secolo fu consolidata la destinazione di Monte di Pietà al pian terreno e di Teatro (con quattro ordini di palchi lignei, architetto Francesco Sforzini) al piano superiore, con conseguenti lavori di ristrutturazione. 
A fine Ottocento fu ripristinata la forma originaria del palazzo, coronato da involuti merli ghibellini, ma restò senza destinazione, dopo l’ultimo progetto di restauro e rifunzionalizzazione (1987-1989) èdiventato centro congressi. I lavori più recenti hanno anche permesso la scoperta e la fruizione dell’area archeologica sottostante con reperti etruschi – il basamento di un tempio della fine del V secolo – e medievali – tratto dell’acquedotto e cisterna.

Fonte: www.comune.orvieto.tr.it