Perugia


 
 
 
 
 
1. Prima della Rocca, cioè fino al 1540. In sovraimpressione la sagoma della futura rocca. Rispetto agli sconvolgimenti urbanistici che seguiranno, la Chiesa di Sant’Ercolano a destra e la Torre dei Donati a sinistra, rimangono caposaldi invariati e utili per confrontare le prime tre figure. 

Disegno del geom. C. Ciangottini

 

 

 

2. Planimetria della Rocca Paolina, dal 1543, anno della sua ultimazione, al 1848, inizio della sua demolizione. Le demolizioni del tessuto urbano interessarono, per ragioni balistiche, un’area molto più estesa del sedime della Rocca.

Disegno del geom. C. Ciangottini 

 

 

 

3. I luoghi della rocca Paolina, oggi. Dell’originario vasto complesso rimane solo il piano interrato del perduto Palazzo del Papa, cioè gli attuali sotterranei articolati intorno alla Via Bagliona.

Disegno del geom. C. Ciangottini 

 

 

Contesto storico.
L’inizio del XVI secolo, segna per l’Italia centrale, un periodo di grande instabilità politicaconseguente “all’epoca nuova”: La scoperta del nuovo continente, la battaglia di Fornivo e le dominazioni straniere, l’incapacità degli stati italiani di trovare un comune interesse nazionale. Questiper l’Umbria, sono gli anni del Perugino, del Pinturicchio e di Raffaello, ma anche di lotte intestine, diinvasioni, di guerre e di battaglie, con tutte le immaginabili conseguenze sociali economiche.

L’epoca delle libertà comunali è ormai lontana e il ceto nobiliare ha ripreso il sopravvento e Perugia va assomigliando alle altre città italiane che sono rette prevalentemente a signoria e caratterizzate da aspre lotte tra famiglie rivali.

La famiglia dei Baglioni domina incontrastata in mezzo a un susseguirsi ininterrotto di congiure interne e di scontri diretti e trasversali. L’ambizione di porsi quale distinto e aggressivo soggetto politico, tra il Papato e le antiche magistrature comunali, portano i Baglioni a scontrarsi con la politica pontificia, che si sta misurando con le invasioni oltramontane, con lo scisma protestante, la minaccia turca, la formazione degli stati nazionali europei e il turbolento e complesso evolversi degli stati italiani.

Perugia indietreggia sul palcoscenico nazionale, per ridursi a una città di provincia: dagli oltre 30.000 abitanti dell’ultimo ‘200, all’alba dell’‘800 si passa ad appena 13.000 persone. 

Il territorio. 
Dalla seconda metà del ‘300, la famiglia dei Baglioni, aveva le proprie case prevalentemente ubicate sulle pendici meridionali del Colle Landone, in ottima esposizione verso la valle tiberina. L’attualeCorso Vannucci, oggi appena avvallato ma sostanzialmente piano, era un luogo molto più ripido, tanto da lasciare ben distinte le due estremità, il Colle del Sole a nord (l’attuale Porta Sole) ed il Colle Landone a sud, (ultimo tratto di Corso Vannucci e di Via Baglioni): l’attuale piano orizzontale e complanare di Piazza Italia e Giardini Carducci non esisteva, ivi invece il Colle cominciava a scendere verso Santa Giuliana, e l’odierna Via del Forte, intatta nella sede originaria nonostante i successivi palazzi Donini e Cesaroni, era a quel tempo in leggera discesa, per riconnettersi con le vie che sarebbero state inghiottite dalla Rocca, oggi pertanto sotterranee. 

La storia. 
Da tempo l’antico “Patrimonio di San Pietro” si era evoluto in un vero e proprio Stato della Chiesa, di cui Perugia era parte, insieme all’Umbria, al Lazio, alle Marche e alla Romagna. La continua conflittualità con il passaggio devastante degli eserciti, imponeva alle popolazioni sofferenze inaudite, sia per l’esito alterno delle fortune militari e le spoliazioni che si rinnovano, sia per le crescenti tassazioni applicate dai rispettivi governi direttamente sui beni di consumo. Non è dato distinguere quanto la tristemente celebre “tassa sul sale” fosse stata decisa anche con la volontà di riaffermare su Perugia, l’autorità romana. Sta di fatto che Perugia decise di opporsi alla tassa, rifiutandosi di consumare il sale (il cui costo già influiva, e maggiormente avrebbe influito, sull’uso, ancor oggi testimoniatoci, del pane insipido), pur prevedendo l’ipotesi di uno scontro armato con le truppe pontificie.

La notte del 5 aprile 1540, in una drammatica assemblea popolare tenutasi nella Cattedrale di San Lorenzo, i perugini, essendosi decisi per la guerra, si appellarono a Dio con grande fervore. In segno di devozione e di propiziazione delle proprie fortune, issarono sulla parete esterna della Cattedrale una antica statua lignea di Cristo sulla Croce e dissero: «Fino a che non avremo giustizia, la statua rimarrà fuori, appesa sul muro esterno di San Lorenzo ».

La statua è ancora lì.

La vicenda militare si svolse in tempi assai brevi. All’approssimarsi delle truppe pontificie i perugini armarono, già in maggio, un esercito affidato a Ridolfo Baglioni
Ma per quanto questa armata sembrasse bene in arnese, la disparità delle forze era proibitiva, e pur se in scontri limitati, le cose non sembrassero andare male, i perugini non se la sentirono di scendere a uno scontro aperto e campale. 
La mattina del 5 giugno, dietro patteggiamento, Ridolfo acconsentì che Pier Luigi Farnese, nipote del Papa e comandante delle sue truppe, entrasse in città senza colpo ferire.

Anche per Ridolfo, così come per suo padre Malatesta IV Baglioni, si parlò e si parla ancora di tradimento, di interessato accomodamento con l’avversario.

Il papa Paolo III, della famiglia Farnese, aveva più di un motivo per detestare i perugini, ma soprattutto, con buon fiuto politico, capiva il pericolo che una città forte e autonoma costituiva per il suo stato. E pertanto non ebbe dubbi che quella vittoria militare dovesse costituire l’occasione per debellare una volta per tutte Perugia.

L’epoca delle spavalde e feroci imprese e scorribande di signori e signorotti e delle loro soldataglie doveva cessare, almeno per Perugia, e Paolo III, con rapide e nette decisioni, cancellò in pochi mesi i Baglioni e insieme ad essi ogni residua ipotesi di potere locale autonomo, riaffermando con forza il governo dei legati pontifici che tenne la città in servaggio per oltre tre secoli. 

 

                 La maestosità della Rocca in un dipinto dell’epoca.

La Rocca.
Il quartiere dei Baglioni era una parte della città antica di notevole densità edilizia e ricchissima di edifici di pregio e di torri, di case e palazzi, di chiese, conventi, chiostri e piazzette, segnata inoltre dall’antico muro della cinta etrusca, le cui tracce, purtroppo, nel tratto che interessa, non sono state rinvenute neanche durante i lavori per le scale mobili; muro che comunque dovrebbe collocarsi non lontano e non differentemente dal sedime di Via Bagliona e che necessariamente doveva collegare Porta Marzia con Porta Eburnea, nella odierna via Bruschi.

Se la Guerra del Sale ebbe termine il 5 giugno, il giorno 28 dello stesso mese si era già al lavoro con un esteso quanto incredibile cantiere: proposito del Pontefice romano era quello di demolire letteralmente tutta la parte di città “infettata” dai Baglioni e di costruire al suo posto una possente struttura militare, che, oltre a difendere la città da ipotetici assalti esterni, fosse rivolta soprattutto verso l’interno della città stessa, per meglio controllarla.

I perugini dovettero assistere impotenti alla demolizione di una parte così notevole della loro città(200 case, oltre 30 torri, 7 chiese, tra cui la quattrocentesca Santa Maria dei Servi, 2 conventi, un ospedale e manufatti etruschi) e la popolazione maschile urbana e rurale fu più volte rastrellata e obbligata apprestarsi gratuitamente all’opera di demolizione. Successe anche più volte che mercanti e contadini venissero fatti entrare regolarmente in città nei giorni di mercato, per subire poi la confisca di merci, animali e denari finalizzati ai bisogni finanziari e di mezzi della grossa impresa .

 

                 La rocca inquadrata da sud. 

Il Papa volle che il suo progetto venisse realizzato in tempi brevi; incaricò quale architetto dell’opera Antonio da Sangallo il Giovane, il quale riuscì a fare della nuova Rocca (voluta da Paolo III e perciò detta “Paolina”), non solo una possente costruzione militare, ma anche una grande opera d’arte; ed ebbe, tra l’altro, la sensibilità di non distruggere l’etrusca Porta Marzia, ma invece la smontò e reincastonò nella rocca, così come oggi appare, comunque privandola per sempre della sua funzione.

Il Papa in persona effettuò in tre anni ben sette sopralluoghi, per accertarsi che tutto procedesse speditamente. Per reperire denaro, non si esitò a disfare e poi vendere i singoli pezzi di travertino della antica porta etrusca di Porta Sole, probabilmente ubicata all’estremità nord della Piazza del Sopramuro, l’odierna Piazza Matteotti. Fu così che il nuovo considerevolissimo edificio fu completato in soli 3 anni, cosa perfino oggi difficilmente realizzabile.

 

                 Facciata principale del Palazzo del Papa. 

Si è dunque in presenza di un possente edificio, entrando nel quale da una porta che può sembrare più o meno normale com’è l’accesso da Via Marzia o l’accesso da Viale Indipendenza, invece di presentarci stanze e corridoi, mostra inaspettatamente strade, slarghi e piazzette (“stranamente” coperte a volta), invertendo così, in maniera bizzarramente speculare, la tradizionale percezione del percorso spazio aperto – spazio chiuso, strada – edificio.

La Rocca, in piena funzione già dal 1543, consisteva, come ben dimostra l’iconografia pervenutaci, d’una complessa struttura articolata in diversi volumi ed architetture, aventi peraltro anche funzioni diverse: in primo luogo la Fortezza, distinguibile in uno “zoccolo” dalla maschia struttura militare (che è poi la parte oggi più facilmente riconoscibile), destinata alle soldatesche, agli animali, alle armi, ai magazzini; quindi il sovrastante Palazzo del Papa o del Castellano, ricchissimo di eleganti architetture, di sale, affreschi e decori. Seguiva poi il caratteristico “Corridore”, struttura alta e stretta, dotato di un percorso scoperto e di due coperti, avente la funzione di stabilire un collegamento diretto con la “Tenaglia”, struttura solamente militare protesa verso la campagna dal lato di Santa Giuliana, tradizionale punto debole delle difese perugine. La più modesta dimensione della “Tenaglia” mostra bene quanto la Rocca fosse stata concepita essenzialmente verso l’interno della città. Il punto estremo della Tenaglia era a soli quattro metri dalla attuale statua di Garibaldi in Largo Cacciatori delle Alpi.

L’intera rocca era circondata da ampi fossati; solo nell’’800 fu colmato quello del fronte principale, verso l’attuale Corso Vannucci, venendosi così a realizzare la piazza intitolata al Cardinal Rivarola, il Governatore pontificio che volle tale sistemazione (oggi Piazza Italia). L’occasione della Rocca Paolina è propizia anche alla riorganizzazione urbanistica dell’intero centro città, finalizzata ad eliminare, almeno in parte, il dedalo di vicoli che tradizionalmente favorivano le sommosse popolari: le odierne vie Mazzini e Calderini, nonché lo stesso sbocco di Corso Vannucci su Piazza Italia, vengono aperte in tale occasione, anticipando, potremmo dire, di tre secoli la soluzione di “sventramento” che il barone Hausmann realizzò nell’’800 nel centro di Parigi per lo stesso motivo. Ulteriori dolorose alterazioni di importanti vestigia cittadine, causate anche queste dalle esigenze balistiche della Rocca, furono la demolizione della chiesa sovrapposta di Sant’Ercolano e forse anche della cuspide del campanile di San Domenico.

Dalla metà dunque del ‘500 la Rocca ebbe a sovrastare l’intera città, segnandone l’immagine con la propria sagoma minacciosa e contrapponendosi al vecchio cuore cittadino (il Duomo, la Fontana Maggiore, il Palazzo dei Priori), che andò inevitabilmente degradandosi, come mostra una immagine ottocentesca del maggior simbolo civile della città. Il Palazzo dei Priori, infatti, solo dopo l’Unità d’Italia (1860) fu riportato, non senza qualche rifacimento di dubbia legittimità, a un aspetto che fosse il più simile a quello nobile delle origini.

La demolizione. 
Mentre nuove civiltà e fiorentissime economie sbocciano nel nord Europa, rimodellando su scala planetaria l’intero sistema dei rapporti commerciali e politici, Perugia scivola nel ‘600 e nel ‘700 sul piano inclinato di un costante impoverimento, che riguarda anche il territorio circostante, l’antico contado, la cui diffusa miseria i viaggiatori europei dell’epoca annotano quale “inspiegabile” e tristissimo contrasto con l’amenità del paesaggio e la fertilità della terra.

Per ciò che riguarda il nostro monumento, lungo il lato occidentale del Corridore viene edificato ai primi dell’’800 uno stadio denominato “il Gioco del Pallone”, le cui tracce, consistenti in una porzione muraria appena in curva, sono visibili lungo le attuali scale mobili.

 


 

                 Illustrazione dello stadio dedicato al “gioco del pallone”.

Di generazione in generazione i perugini si tramandano l’avversione profonda per la Rocca Paolina, ma nulla più. Solo nel 1798, in conseguenza dell’avvento dei Francesi, la città coglie l’occasione per manifestare i suoi sentimenti; ma la sommossa, sostanzialmente elitaria, arreca solo limitati danneggiamenti ed abrasioni ad alcune strutture della Fortezza (tra cui la frantumazione della statua in argilla di Paolo III). 

La “picconata” di un discendente dei Baglioni.
La restaurazione post-napoleonica ristabilisce l’ordine, e la rocca viene restaurata alla meglio, ma la resa dei conti è solo rimandata. Nel 1848, anno di rivoluzioni in tutta Europa, anche a Perugia il ceto liberale si muove deciso e riesce a trascinare con sé il popolo, che, a 308 anni dalla costruzione della Rocca, se ne impossessa e dà subito inizio a una sistematica demolizione a opera di un discendente dei Baglioni, il Conte Benedetto che era a capo dell’amministrazione civica, al quale spetta simbolicamente l’onore della prima picconata. Le cronache parlano di entusiasmo e di concitazione, “al suono di canti antichi”, del popolo che andò accalcandosi, non senza incorrere anche in incidenti mortali, per partecipare all’opera vendicatrice.

La demolizione, interrotta con la restaurazione pontificia e ripresa dopo l’annessione di Perugia al nascente Regno d’Italia, continuò per mesi ed anni; alcuni cittadini, fanno notare che la Rocca costituisce un patrimonio architettonico e artistico troppo ragguardevole e che raderla al suolo non sarebbe cosa saggia, ma il popolo appare deciso: «la vogliam giù», è la parola d’ordine. E siccome sembra che all’ipotesi della demolizione non si oppongono le aspettative economiche che potrebbero definirsi i primi vagiti della speculazione edilizia, tale prospettiva acquista forza. Sicché il conte Gioacchino Napoleone Pepoli, Commissario generale straordinario delle province dell’Umbria per conto del governo piemontese, con un famoso decreto, concede ai perugini, “in riconoscimento della loro audacia e riottosità”, di demolire definitivamente la Rocca e fa dono al Comune di ciò che ne resta.

Dell’ampio sedime occupato della rocca rimarranno per molti anni desolate spianate e il formarsi di un’ampia ferita nel tessuto urbanistico della città, la cui cicatrizzazione avverrà lentamente lungo gli ultimi 30 anni del secolo XIX e i primi anni di questo.
Il Palazzo della Provincia, per gli uffici di questa e per la Prefettura, detto anche Palazzo del Governo,sorge (1869-70) su disegno dell’ Arienti, sulle fondamenta, riadattate per l’occasione, del Palazzo del Papa, sommità elegante del monumento militare.

Seguono, nell’ordine: Palazzo Calderiniedificato sopra ciò che restava del bastione orientale della rocca, da cui sembra derivare la sua forma particolare; la Banca d’Italia; l’Hotel Brufani, anch’esso architettura dell’ Arienti degna di nota. L’ultimo edificio è il Palazzo Cesaroni, sede attuale de Consiglio Regionale dell’Umbria. Con la sistemazione di Piazza Italia, l’area assunse l’odierno aspetto, luogo di tipica conformazione architettonica ottocentesca inserito nel cuore della città antica e medievale.

Una lapide sul muro del settecentesco Palazzo Donini dice, con linguaggio dimesso e sibillino, di questa definitiva sistemazione.

Ciò che rimane della Rocca Paolina.
Più a valle, la Caserma dei Carabinieri, oggi sede regionale della Rai, e le palazzine Biscarini prendono definitivamente il posto del Corridore e della Tenaglia, dopo che sulla stesa area, nel giro di pochissimi anni, era stato costruito e poi demolito il Politeama Calderoni, enorme struttura per spettacoli, mai ultimato. Appena a lato della ex Tenaglia, già dal 1870 era sorto il Palazzo gnomi-Mavarelli. 
Infine l’Hotel Lilli, attualmente chiuso, l’adiacente terrazzo e la sede della questura vengono realizzati appena dopo la metà degli anni ’50, lasciando comunque ancora sostanzialmente irrisolta la sistemazione dell’ampio spazio che li separa da Santa Giuliana.

Della imponente Rocca Paolina, di una così significativa architettura militare e civile del XVI secolo,non rimane quindi che la parte a noi oggi nota, nonché strutture ancora oggi sepolte, consistenti essenzialmente nel bastione occidentale, ubicato sotto la porzione di Piazza Italia prospiciente l’Albergo Brufani e la Banca d’Italia.

Anzi, va detto che con le sistemazioni ottocentesche dell’area, anche molta parte della Rocca Paolina oggi godibile rimase interrata, riempita di detriti e impraticabile, quasi a far dimenticare quanto non era stato demolito.

Sistematici lavori di indagine e di recupero negli anni 1963-1965,1970-1971 e 1976 ad opera della Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, conferirono ai sotterranei l’attuale aspetto, con l’opportuna collocazione di lapidi, ma anche con alcuni arbitrari arredamenti “in stile” (l’invenzione del camino Sala del Camino – e dei cannoni – Sala della Cannoniera), e tuttavia la Rocca continuò a risultare marginale e ignorata dalla maggior parte degli stessi perugini

Oggi. 
In ogni caso, quel che restava della Rocca Paolina rimaneva un corpo estraneo e chiuso, peraltro esteso ed “ingombrante” (cui si ovviò parzialmente con la nuova strada pensile di Viale Indipendenza), interposto fra l’acropoli e i quartieri di primo sviluppo verso il sud della città; in particolare interposto fra l’acropoli e l’importante nodo di Santa Giuliana e odierno Largo Cacciatori delle Alpi. Fin dagli anni ’70 l’Amministrazione Comunale si pose il problema di ”forare” la rocca per stabilire un collegamento diretto e, nel contempo, recuperare il così significativo monumento. Il 18 giugno 1983 il Comune di Perugia poteva inaugurare l’opera del percorso pedonale meccanizzato della Rocca Paolina.  

Scale mobili