Nel linguaggio storiografico di matrice ottocentesca, fortemente influenzato dagli eventi della Rivoluzione francese, s’intendeva per borghesia la classe sociale, composta da commercianti, industriali e burocrati, che aveva sottratto alla nobiltà l’egemonia nella società europea. L’origine della borghesia era associata alla rinascita urbana del Basso Medioevo, sicché il movimento comunale era interpretato come il primo atto di un secolare confronto fra borghesia e nobiltà.
Questa interpretazione deve essere oggi corretta considerando che là dove il mondo cittadino si mostrò più aggressivo, fino a sottomettere le campagne e la nobiltà rurale, e cioè in Italia, il movimento comunale non fu in alcun modo diretto dai soli elementi che potremmo considerare borghesi, quali mercanti, notai e artigiani; ma, al contrario, nella maggior parte delle città fu egemonizzato per lungo tempo dai nobili, pur col sostegno della ricchezza mercantile a artigianale.
In ogni caso, per designare i ceti commercianti e produttivi delle città italiane medievali non conviene utilizzare il termine "borghesia", inesistente nelle fonti, ma piuttosto quello di "popolo"; la contrapposizione fra nobiltà e popolo è bensì una delle chiavi di lettura più importanti per comprendere le vicende del mondo comunale, ma non corrisponde se non imperfettamente a quella fra nobiltà e borghesia tratteggiata dalla storiografia ottocentesca.
Questa cautela terminologica è tanto più necessaria in quanto fuori d’Italia il termine "borghese" è attestato, ma con un significato alquanto diverso da quello odierno. Là dove, diversamente da ciò che accadde in Italia, le comunità urbane non riuscirono a ottenere la piena indipendenza, restando sottomesse alla superiore autorità di un re, un principe o un vescovo, i loro abitanti presero il nome di borghesi; ciò in quanto nella maggior parte dei casi la comunità urbana aveva avuto origine da un nucleo di mercanti e artigiani stabilitisi all’esterno di un castello o di un monastero, e questo genere di insediamento prendeva appunto, tecnicamente, il nome di borgo.
Questi borghesi godevano in genere di determinati privilegi concessi dal signore, che nel loro insieme si chiamavano appunto diritti di borghesia. Quei privilegi, di ordine giuridico ed economico, potevano essere riconosciuti indistintamente a tutti coloro che risiedevano entro le mura cittadine, oppure soltanto a coloro che godevano di mezzi sufficienti pere partecipare all’amministrazione della città: in molti luoghi questi ultimi costituivano una cerchia ristretta, sicché il diritto di borghesia finì per caratterizzare una vera e propria oligarchia urbana. Negli ultimi secoli del Medioevo, queste famiglie che si trasmettevano di padre in figlio una posizione egemonica nella propria città abbandonarono spesso l’attività mercantile o artigianale, acquistando terre sufficienti per vivere di rendita; in un caso come nell’altro, siamo molto lontani dall’accezione moderna dei termini "borghese" e "borghesia".
Né si può pensare che i borghesi del Sette-Ottocento fossero i discendenti di quei borghesi medievali: fra tardo Medioevo ed età moderna, infatti, l’aspirazione dei borghesi era generalmente quella di diventare nobili, tramite l’acquisto di signorie rurali o di uffici nobilitanti; e questo processo di nobilitazione si svolse così massicciamente, che al tempo della Rivoluzione francese l’immensa maggioranza dei nobili discendeva da borghesi nobilitati, mentre la maggioranza dei negozianti, fabbricanti, avvocati che costituivano allora la borghesia discendeva da contadini arricchiti.

Da: "Dizionario del Medioevo" di Barbero Frugoni – Editori Laterza.