(…) Pel trattato concluso con Eugenio IV nel 15 settembre 1431, i perugini potevano comprare il sale dove e da chi loro piacesse: “Item quod officiales saline comunis Perusiae extracti vel extraendi de saeculo dicti comunis possint emere sal pro ipsa comunitate Perusii ed eius comtatu a quocumque, et in quocumque loco, prout eis placebit, et immittere in dictam civitatem, comitatum ecc., ac etiam vendere pro pretio quo eis placebit, dummodo non possit vendi ultra decem denarios pro qualibet libra, ecc.”; e vuolsi pur notare che laddove i Perugini prendevano prima il sale dai Senesi, lo presero poi, per fargli piacere, dal papa, purché fosse di simile bontà e bianchezza, e non costasse più di dieci denari per libbra; e per non disgustare il papa, non si valsero del loro diritto e seguitarono a prenderlo da lui ancorché fosse nero e cattivo. Quanto poi all’anteriore trattato del 1424 concluso con Martino V, se non vi si parla del sale, vi si parla bensì di assoluta esenzione da ogni tassa reale e personale che non fosse in vigore al tempo di Bonifazio IX: “Item quod nullum gravamen seu imposta, collecta vel gabella, seu emolumentum reale vel personale, nec caritativum subsidium, vel aliquod aliud onus vel gravamen, ordinarium et extraordinarium, vel inductum vel super inductum, imponi possit in civitate vel comitatu sive districtu Perusii, sed solum et dumtaxat pro dictis introitibus qui vigebant in civitate Perusii tempore sancte memorie Bonifatii et Innocentii Romanorum pontificum“; e questi trattati furono confermati da tutti i papi successivi, e dallo stesso Paolo III nel primo anno del suo pontificato, come risulta dal Memoriale dei Perugini. (…)

Poco stante, al 21 gennaio 1540, giunse la Bolla papale per cui si intimava ai perugini l’accettazione della tassa sotto pena di ribellione, interdetto, confisca dei beni, privazione dei privilegi e del contado; e la Bolla fu recata da un cursore a cui l’Alfani, come dice il Frollieri, in presenza dei muti priori fece grata accoglienza e lieta cera, commettendogli di assicurare il papa della nostra obbedienza; talché quegli fu largamente rimunerato dal papa che non capiva in sé per la lieta notizia. L’Alfani fece poscia una bella parlata ai colleghi, ma fece troppo assegnamento sulla propria eloquenza; e se per amor di patria fece buona cera al cursore, doveva pur ripensare che maggiore sarebbe stato lo sdegno del pontefice dopo l’amaro disinganno. Ma ormai non v’era sdegno papale che valesse a intimorire i perugini. Non si ruminavano più che pensieri di guerra; le botteghe erano chiuse, sospesi i traffici ed i commerci; da tutte parti si apprestavano armi, e in molte famiglie più non valevano a ricomporre gli animi esaltati né ammonizioni di madri, né preghiere di spose, né vezzi e baci d’innocenti creature.
Non si procedeva tuttavia ad aperta ribellione. Il popolo, sentendo il bisogno di regolari consulti, e sperando con forti dimostrazioni di giovare alla giustizia della propria causa, domandò al vicelegato la permissione di convocare tutti i cittadini nelle principali chiese delle cinque porte, assegnando a porta S. Pietro S. Domenico, a porta S. Susanna S. Francesco, a porta S. Angelo S. Agostino, a porta Sole S. Fiorenzo, a porta Eburnea S. Maria dei Servi; e l’Aligero, uomo buono e flessibile, consentì alla dimanda.

(…) E al 2 di marzo, si adunò il popolo nelle cinque chiese designate, e là senza far manifesti elettorali, fu stabilito che ogni votante segnasse in un bollettino cinque nomi di cittadini della sua porta, e quelli che avessero un maggior numero di voti s’intendessero eletti a formare il consiglio dei Venticinque, destinato a trattare col legato, con mandato espresso di non accettare nessuna imposizione. Da questa semplice votazione non uscì un miscuglio di nomi accozzati a caso, come si sarebbe aspettato; e la lista dei Venticinque vuol essere riferita distesamente perché non manca di grave significato. Furono dunque eletti: per porta S. Pietro Gentile Graziani, Lorenzo Baglioni, Bartolommeo Montevibiani, il capitano Benedetto Tucci, Ciancio Ceccarini; per porta Sole Pier Filippo Mattioli, Bernardino Montesperelli, Malatesta Ranieri, Niccolò Tei, Alberto Guidantoni; per porta S. Angelo Vincenzo Della Penna, surrogato con suo consenso da Carlo Della Penna, Bartolomeo della Staffa, Cornelio degli Oddi Novelli, Mariano Bizocchetti o Narducci, Cesare de’ Merciari, detto poi Ughi; per porta S. Susanna Francesco Maria Degli Oddi, Giulio della Cornia, Tindaro Alfani, Girolamo Franchi, Bernardino Dionigi; per porta Eburnea Anninbale Signorelli, Polidoro Baglioni, Marco Barigiani, surrogato con suo consenso da Marco Boncabi, Marcantonio Bartolini, Borgia Sulpizi.

(…) Né era la tassa del sale il solo motivo della resistenza dei perugini. Se Paolo III garantiva loro la conservazione e l’elezione dei loro magistrati, e l’osservanza degli statuti, fossero pure modificati, forse i perugini pagavano la tassa; e le loro facili condiscendenze, i temperamenti a cui consentivano, in ossequio ai legati ed al papa, mostrano di che moderata costituzione si sarebbero contentati, purché non soggiacessero alla brutalità del dispotismo teocratico. Né può dirsi che la guerra del sale non ci valesse per nulla al riacquisto di alcuni pochi, ma pur preziosi diritti, che, contro l’opinione comune, ci rimasero fino agli utlimi tempi. E perciò forse gli storici contemporanei, come il Bontempi, il Frollieri, Giulio di Costnatino, il Maltempi, lo Sciri, il Sozi, furono unanimi nell’asserire che l’accettazione della tassa sarebbe stata la rovina di Perugia.

(…) Al 5 di aprile fu collocato, sopra la porta del duomo che guarda il corso, quel grande crocifisso che ancora oggi vediamo e per tre giorni continui una lunga processione di confraternite, che, insieme coi priori e col popolo, ma senza religiosi, da S. Domenico veniva a S. Lorenzo, secondo l’uso drammatico dei perugini, mandò avanti a quel crocifisso infinite grida di pietà e di misericordia, e nel terzo giorno Mario Podiani, cancelliere del comune, dopo commovente orazione fatta in volgare, ai piedi di quel crocifisso pose le chiavi della città; e perché la funzione colpisse meglio le menti popolari, fu fatta di notte al fosco lume di quelle fiaccole resinose che chiamansi torce a vento.

(…) E quando poi, al 16 di maggio, verso il tramontare del sole, giunse improvviso in Perugia, con grande scalpitio di cavalli, Ridolfo Baglioni, allora fu un delirio di gioia universale; a tutti parve d’avere in pugno la vittoria e d’aver ricuperato i primitivi diritti; i berretti andavano all’aria, tutte le mani plaudenti si protendevano in alto e fra le grida della folla toccheggiava in fretta, e pareva venir meno, il cupo suono della campana maggiore.

(…) Finalmente, a dì 5 giugno, fece il suo solenne ingresso in Perugia Pier Luigi Farnese con 1500 fanti e trecento cavalli, che si sparsero per la città mandando grida selvagge. Nel crocchio dei suoi principali capitani spiccava una figura torva, che parea non dare ascolto al favellìo degli altri e girando, intorno irrequieto lo sguardo, pareva accogliere in mente un deforme pensiero che lo tormentasse. Era costui il tifernate Alessandro Vitelli, che, odiando a morte i perugini, forse perché essendo caduto una volta in mani loro non lo ammazzarono, non sapea sopportare che Perugia avesse un castigo che a lui pareva lievissimo, e desiderandone lo sterminio, aveva concordato con altri ufficiali che nella notte vegnente si gridasse “Baglioni, Baglioni” per prendere da questo grido sedizioso un pretesto al saccheggio, alla strage e forse all’incendio.

(…) Dopo un dominio temperato e benigno di 237 anni, quei priori, che non erano usciti mai se non in corpo dal loro palazzo, che aveano tante volte partecipato a glorie italiane nonché perugine, che erano sopravvissuti nella lor forma rudimentale a tante prepotenti invasioni, quei priori, nel 5 giugno 1540, senza saluto di popolo, né congedo di amici, tornarono inosservati e soletti alle case loro come dieci fanciulli licenziati da scuola. Fu quella veramente la ultima ora della inferma libertà perugina.

Fonte: “Storia di Perugia Dalle origini al 1860″ Vol.2
Luigi Bonazzi – Ed.Unione arti grafiche Città di Castello