NOTE STORICHE

Nel 1218 Giotto Monaldi fece donazione al Cardinale Ugolino, il futuro Gregorio IX, di un pezzo di terra posto nella località di Monteluce al fine di costruirvi Chiesa, Monastero e case per alcune donne che qui vivevano.
E’ questo l’atto ufficiale di nascita del Monastero di Santa Maria di Monteluce, costituito da un gruppo di donne che probabilmente, sull’esempio di Chiara d’Assisi e delle sue compagne, volevano qui imitarne la “forma vitae”; il Cardinale Ugolino fu il patrocinatore di questo monastero, tant’è che si può parlare di fondazione ugoliniana. Nello stesso anno Giovanni, vescovo di Perugia, concede l’autorizzazione a costruire la chiesa e il monastero. Nel 1219 il Cardinale Ugolino ratifica il costruendo monastero; nel 1221 si ha la conferma papale da parte di Onorio III e nel 1229 quella di Gregorio IX ( l’ex Cardinale Ugolino ).
Prova che il Monastero fosse inserito nella spiritualità francescana di Chiara è il privilegium pauperatis che Gregorio IX gli concede nel medesimo anno 1229. Nonostante questo privilegio, le difficoltà della vita monastica nel rispetto della clausura fecero si che il monastero accettasse proprietà nel 1231: fu lo stesso Gregorio IX a donargli alcuni beni immobili. Da qui in poi Santa Maria di Monteluce acquisterà sempre più possedimenti così da venire, nel corso del secolo XIII, un insediamento religioso dotato di un cospicuo retroterra patrimoniale. La evoluzione in senso monastico tradizionale della vicenda storica del monastero circa la proprietà di beni immobili, non deve impedire di cogliere la diversa natura spirituale che animò le religiose di questo insediamento; nel 1235 e nel 1239 Gregorio IX le qualifica dell’Ordine di San Damiano, il che le colloca precisamente (ma già il privilegium paupertatis del 1229 ne è la prova evidente) nell’ambito del movimento francescano.

LA CRESCITA DEL MONASTERO

Il monastero si consolidò sempre di più nel corso del secolo XIII, come prova una quantità imponente di lettere e privilegi dei Pontefici Innocenzo IV, Alessandro IV, Clemente IV, Nicolò IV, Bonifacio VIII.
Dalla decadenza e dal rilassamento morale dei secoli XIV e XV, il Monastero di Santa Maria di Monteluce si risollevò grazie alla tempestiva riforma osservante, voluta dalle stesse autorità cittadine e probabilmente promossa da San Giovanni da Capestrano che in quegli anni si trovava a Perugia.
Nel 1448 un gruppo di Clarisse provenienti dal già riformato Monastero di S. Lucia di Foligno venne a Monteluce: si aprì cosi per questo monastero una nuova pagina di storia, di fervore religioso ed anche di vita culturale perché qui ebbe sede uno scriptorium. Nel corso dei secoli XVI, XVII, XVIII, il Monastero di santa Maria di Monteluce fu il più ricco ed il più prestigioso tra quelli femminili della città e mantenne, stando al “liber Memorialis ” redatto a partire dal secolo XV dalle suore stesse, costantemente il proprio livello di rigore morale.
Nel 1703 la cura spirituale del Monastero passò dai Francescani dell’Osservanza al Vescovo, cioè al clero diocesano. A seguito della requisizione del Monastero per farvi l’ospedale civile, ai primi del `900, le Suore trovarono sede a S. Erminio (ex S. Benedetto ).

NOTE ARTISTICHE

La facciata , appartenente quasi certamente al periodo in cui la chiesa venne restaurata (1415 ) conserva ancora i portali medioevali a sesto circolare con fasci di colonnine negli strombi ed è rivestita con la tipica scacchiera a marmi di cromi caratteristica di molte chiese perugine. In corrispondenza del campanile, in asse col muro di facciata, si trova una piccola cappella anticamente affrescata da Anton Maria Farizi e chiusa in corrispondenza dei due lati fino alla metà dell’800 per accogliere due tele di Marcello Leopardi oggi disperse.
Le imposte dei portali binati hanno interessanti intagli tardomanieristici (fine sec. XVI, inizio secolo XVII) raffiguranti la Madonna, S. Chiara, S. Francesco e S. Bernardino.
L’interno ad unica navata ha i fianchi completamente decorati da un ciclo di pitture eseguite probabilmente tra il 1602 e il 1697. Esse costituiscono un interessante repertorio iconografico di temi francescani e rappresentano uno dei più importanti complessi del manierismo perugino.
Nonostante le fonti locali propongano per questi dipinti i nomi di Francesco Vanni e di Giovanni Maria Bisconti, non si è in grado a tutt’oggi – dato anche il pessimo stato di conservazione degli affreschi – di avanzare convincenti ipotesi attributive; tanto più se si considerano i forti divari stilistici che distinguono tra loro le parti.
Sul muro di controfaccia dall’alto in basso, sono rappresentati la Discesa dello Spirito Santo, l’Ultima Cena e le tre apparizioni di Gesù alla Madre, ai discepoli ed alla Maddalena. Gli spazi delle lunette all’imposta della volta, sono occupati da episodi della Passione di Cristo; iniziando dalla parte destra: Orazione nell’Orto, Cattura di Cristo, Cristo al Calvario, Deposizione, Resurrezione e Ascensione.
Nella prima capella a destra, l’intradosso dell’arco è decorato con le immagini dei Profeti Isaia e Geremia, di Ludovico da Tolosa e Bertrando di Tours, di San Giacomo della Marca e S. Pasquale Baylon. Sulla parete di fondo, entro finta inquadratura architettonica, si trovano a figura intera le immagini di S. Giovanni da Capestrano (a sinistra) e di S. Giovanni d’Alcantara ( a destra ); al centro è una crocifissione, affresco staccato attribuito a Fiorenzo di Lorenzo ( fine sec. XV ). Nel soprastante riquadro è un miracolo di S. Antonio da Padova (una giumenta s’inchina davanti all’Eucaristia).
Nella seconda cappella , in forma di nicchione concavo, la parte superiore è occupata dal simbolo del nome di Gesù; subito sotto, al centro San Francesco davanti al Sultano, a destra la Traslazione del corpo Santo a sinistra Gloria di S. Francesco e di S. Chiara; all’interno di cornici circolari il Beato Egidio e il Beato Antonio da Stroncone; ancora più in basso, in figura intera, i SS. Cosma e Damiano e la data 1602; la parte centrale era occupata da una tela con le Stimmate di S. Francesco attualmente conservata in Sagrestia.
Nella terza cappella, l’intradosso dell’arco reca le immagini di S. Ludovico IX di Francia e di S. Elisabetta d’Ungheria che affiancano il simbolo dello Spirito Santo.
Subito sotto S. Ludovico da Tolosa (sinistra) e S. Antonio da Padova (destra), S. Girolamo e S. Bonaventura (sinistra), S. Agostino e S. Bernardino da Siena ( destra ).
La parete di fondo è occupata da una crocifissione (il Crocifisso in legno dipinto è oggi fissato ad un sostegno davanti al presbiterio) tra la Vergine e S. Giovanni: nella zona soprastante è l’immagine del Padre Eterno tra la fede e la speranza.
Inquadrate entro finte architetture sono le immagini di S. Francesco e S. Chiara. Tutti i pennacchi di raccordo tra il sesto delle nicchie e la base delle lunette sono decorati con immagini di Sibille.
Il presbiterio, occupato al centro dall’altare maggiore in marmo rosato con arcatelle ogivali (sec. XIII), ha la parte di fondo decorata da un prospetto in stucco e legno dorati di Valentino Carattoli (sec. XVIII). Il dipinto, raffigurante l’Incoronazione della Vergine è copia di Giovanni Silvagni (sec. XIX) dell’originale di Giulio Romano e Giovanni Francesco Penni, oggi nella pinacoteca Vaticana, eseguito su disegno di Raffaello nel 1524-25.
La predella, attribuita a Berto di Giovanni, è oggi nella Galleria Nazionale dell’Umbria.
In basso a destra è un bel tabernacolo in marmo di Francesco di Simone Ferrucci da Fiesole con raffigurazione del Padre Eterno tra gli Angeli 1487) .
Riprendendo il giro della chiesa, la prima cappella a destra ha nell’intradosso il Padre Eterno, i quattro Evangelisti e i quattro Dottori della Chiesa; in alto sopra la nicchia è la natività della Vergine tra le figure di Salomone ed Isaia. Ai fianchi sono le immagini dell’Arcangelo Gabriele e dell’Annunziata.
La seconda cappella, in forma di nicchione concavo , ha la parte superiore occupata dalla scena del martirio dei Santi Cosma e Damiano. In basso, tra le varie figure di angeli dipinte a chiaro scuro sono le immagini delle Sante Lucia e Caterina. La parte centrale era un tempo occupata da una tela di Benedetto Cavallucci (sec. XVIII) raffigurante l’Arcangelo Michele che schiaccia il demonio, attualmente collocata sul muro di controfaccia.
La terza cappella, con tracce di affreschi trecenteschi, ha l’intradosso decorato da figure di Angeli variamente atteggiati. In basso sono le immagini di San Romualdo e S. Antonio Abate. Sull’altare era un tempo una tela di Benedetto Cavallucci (sec. XVIII) raffigurante S. Antonio da Padova con il Bambino Gesù, anch’essa oggi trasferita sul muro di controfaccia. Lo spazio immediatamente soprastante accoglie un riquadro con San Bonaventura tra cori di Angeli e i Santi Giovanni Battista e Maria Maddalena.
I pennacchi di raccordo tra il sesto delle nicchie e la base delle lunette sono decorati con immagini di Profeti.
Sulla parte di fondo della chiesa, una piccola porta immette nella sacrestia, grande vano quadrangolare, già coro delle monache, coperto da volta a crociera costolonata. La parete breve verso la chiesa è decorata con affreschi del tardo Seicento raffiguranti la flagellazione e la derisione di Cristo. Al centro, entro una nicchia, è un piccolo crocifisso in legno scolpito. Subito sotto, immagini di Santi non facilmente identificabili e Incoronazione della Vergine (sec. XIV).
La parete lunga presenta una teoria di affreschi trecenteschi con finalità chiaramente votive. Da sinistra a destra vi si rappresenta; Stimmate di S. Francesco, S. Onofrio eremita, S. Michele Arcangelo , Battesimo di Cristo, quattro episodi di S. Caterina (?), ( gli ultimi due sono molto danneggiati).
Tracce di affreschi sono anche sulla fascia di parete immediatamente sovrastante Alle pareti sono appesi alcuni dipinti tra i quali una tela con le stimmate di S. Francesco (sec. XVII), una Gloria della Vergine e Santi (sec. XVIII) e una Sacra Famiglia (copia da Giulio Romano).
Usciti dalla chiesa prendendo subito a destra Via del Giochetto, si noti la parete laterale della medesima, con contrafforti aggettanti, realizzata in pietra arenaria, in linee architettoniche simili a quella di S. Bevignate e, fuori Perugia, di Montelabate.
Nell’area antistante la chiesa e nella zona circonvicina si svolgeva, certamente nel secolo XIV, la stagionale
Fiera di agosto“.
Da via Del Giochetto, prendendo per via Del Favarone, al N° 5, era il Monastero di San Paolo del Favarone. Nel 1264 era qui un oratorio privato per chi volesse “penìtentiam agere” Si sa che nel 1317 vi era una comunità di “Sores de penitentia“; queste, nel 1329 abbracciarono la regola di Santa Chiara, divenendo così un vero e proprio Monastero di Clarisse, unito, nel 1445, a quello di Santa Maria di Monteluce; l’unione fu revocata nel 1447, ma confermata nel 1451. Fu luogo di ritiro per gli esercizi spirituali promossi dai Padri Gesuiti del seminario. A tal fine, l’edificio fu sistemato dalla Missione e poi trasformato in casa di villeggiatura per gli alunni (1790) su disegno di Alessio Lorenzini. Al presente è abitazione privata. Dell’antico edificio rimane un portale gotico trilobato. Si può seguire per via Del Giochetto fino ad uscire in via Enrico Dal Pozzo.